Le sostanze chimiche artificiali conosciute come perfluoroalchiliche sono presenti ovunque, dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, fino agli imballaggi alimentari e ai pesticidi.
Nuovi sistemi per la rimozione dei PFAS, i cosiddetti inquinanti emergenti. L'Osmosi Inversa di Culligan applicata al sistema filtrante AC Slim+, si legge in una nota della società, permette la filtrazione dell'acqua potabile per ambienti domestici, per la ristorazione e per gli uffici.
I PFAS, sostanze chimiche artificiali conosciute come perfluoroalchiliche, continua la nota, sono largamente impiegate nell’industria e presenti ovunque: dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, fino agli imballaggi alimentari e ai pesticidi, con un rischio sempre maggiore di infiltrarsi nell’acqua che consumiamo quotidianamente.
In Italia, si legge, i PFAS si accumulano in particolare nei bacini idrografici prossimi agli impianti fluorochimici, legati all’uso e alla produzione di queste sostanze. Resistenti al calore (settore chimico e automobilistico), rivestimenti (tessile e vernici) e schiume antincendio (sicurezza e protezione), rappresentano una crescente minaccia per la contaminazione delle riserve idriche. In alcune aree specifiche, come il Veneto, si riscontra una maggiore concentrazione di elementi chimici nelle falde acquifere, aggravata dall’intensificarsi delle attività industriali, inclusi i PFAS.
Se inizialmente erano solo le sostanze perfluoroalchiliche a destare preoccupazione per la contaminazione delle acque sotterranee, oggi anche la diffusione del TFA o acido trifluoroacetico (rilevato in 23 fiumi di 10 paesi europei) rappresenta un’ulteriore minaccia per la salute. Questa sostanza, un derivato dell'acido acetico, si forma dalla degradazione dei PFAS e, come loro, ha un legame carbonio-fluoro che la rende estremamente stabile, al punto da essere considerata un inquinante 'perenne'.
“L'acido trifluoroacetico (TFA), derivato da PFAS presenti nei pesticidi e nei gas fluorurati, è sempre più frequentemente riscontrato nelle acque. Nonostante la sua pericolosità sia ancora poco indagata, le prime evidenze suggeriscono effetti negativi cronici simili a quelli dei PFAS, in particolare sul sistema riproduttivo in caso di esposizione prolungata. Ad oggi non esiste una normativa che stabilisce limiti di sicurezza per il TFA nelle acque potabili. Entro il 2026, però, l'Europa introdurrà un limite per i PFAS totali, ma ancora non è chiaro se il TFA sarà incluso in questo elenco. È dunque fondamentale che l'UE si muova rapidamente con un'azione normativa al fine di garantire la tutela della salute pubblica", afferma Antonio Ambrosi, Director, Global Product Management – Filtration di Culligan.