Acqua, Laboratorio Ref: nuovo Position Paper su calcolo contributo irriguo

03 feb 2025
La ricerca si pone l'obiettivo di avviare un percorso di costruzione di regole comuni per fornire i medesimi segnali di prezzo all'intero comparto agricolo ed evitare effetti distorsivi causati dall'attuale adozione di metodi differenziati.

I metodi impiegati in Italia per il calcolo del contributo irriguo richiesto agli agricoltori come contropartita del beneficio derivante dalla fornitura della risorsa idrica.

È il tema del nuovo Position Paper n. 284 del Laboratorio Ref Ricerche che, si legge, si pone l'obiettivo di informare i policy maker sui sistemi tariffari per gli usi diversi dall'idropotabile, per avviare un percorso di costruzione di regole comuni, capaci di fornire i medesimi segnali di prezzo all’intero comparto agricolo per evitare effetti distorsivi causati dall'attuale adozione di metodi differenziati.

L'agricoltura, spiega il Laboratorio Ref, rappresenta un settore strategico per l'Europa e, più in particolare, per i paesi dell’area mediterranea: i dati Eurostat indicano che tra il 2013 e il 2023 il commercio di prodotti agricoli dell’UE ha registrato un tasso di crescita medio annuo del +4,6%, con un aumento delle esportazioni (+4,7%) leggermente superiore a quello delle importazioni (+4,4%).

Per l’Italia in particolare, svela la ricerca, l’export dell’agroalimentare del Made in Italy ha avuto una crescita dell’+8% nel 2023, connotando un paese a forte vocazione agricola, con la presenza di una filiera agroalimentare estesa che vale 586,9 miliardi di euro di fatturato (in crescita del 29% rispetto ai valori registrati nel 2015) e genera quasi 335 miliardi di valore aggiunto, pari al 19% del PIL (THEA Club, 2024).

In questo contesto, spiega il Ref, l'utilizzo dell’acqua per l’irrigazione è essenziale per la competitività del comparto agroindustriale e per garantire la sicurezza e la sovranità alimentare del Paese. La differenza in termini di resa fra irriguo e non irriguo è pari, in media, a 13.500 €/ha, differenza che, in termini percentuali, è più elevata al Centro-Sud (60-80%) rispetto al Nord (39%), con una recente tendenza a decrescere del divario nord-sud.

Le coltivazioni senza irrigazione inserite in rotazione, sottolinea la ricerca, offrono spesso una redditività di poco maggiore ai costi di produzione, con marginalità non sufficienti a garantire il sostegno dell’impresa agricola ed i necessari investimenti nella modernizzazione delle colture e della gestione delle risorse idriche.

In termini di politica economica e settoriale, sostiene il Ref, è dunque diventata ormai irrinunciabile un'azione che vada a rafforzare il sistema infrastrutturale a beneficio dell’agricoltura, contemperando anche significative iniziative per l’efficientamento nel servizio di distribuzione e del connesso impiego da parte degli utilizzatori. Sul fronte delle azioni di policy, si legge, la Politica Agricola Comune (PAC 2023/27) ha incluso tra i suoi obiettivi la gestione della risorsa idrica, calibrando interventi specifici per la promozione di un suo efficiente utilizzo.

All’interno del corpus normativo europeo in materia di risorsa idrica, emerge dalla ricerca, l'art. 9 della Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE (DQA) rimane ancora oggi la disposizione di riferimento per quanto concerne l’efficiente consumo della risorsa ed i connessi aspetti economici, introducendo tre principi chiave quali la copertura dei costi per l’erogazione dei servizi idrici, una struttura dei corrispettivi incentivante e il principio chi inquina paga (polluter pays principle).

Il pieno recupero dei costi per l’uso irriguo posto a carico del solo settore agricolo per l’utilizzo di un sistema di infrastrutture in parte demaniali capace di assicurare l’erogazione di servizi ecosistemici, sostiene Ref, potrebbe portare ad un meccanismo distorsivo, che attribuirebbe al solo utilizzatore della risorsa anche quei costi che, almeno in parte, andrebbero sostenuti dall’intera collettività, mediante la fiscalità generale.