Il direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo, intervenendo all’Assemblea Nazionale dell’ANBI, parla del riuso delle acque reflue depurate in agricoltura.
“Il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura è una soluzione che dovrebbe diventare strutturale applicando all’acqua, laddove economicamente sostenibile anche a fronte di una valutazione dei costi e dei benefici, gli stessi principi dell’economia circolare”. Lo ha detto il direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo, intervenendo all’Assemblea Nazionale dell’ANBI (v. notizia a parte). Si tratta, ha evidenziato, “di un potenziale importante che in Italia viene sfruttato solo per il 4% a fronte di una potenzialità del 23%”.
Di conseguenza “i gestori sono pronti a fare la propria parte, considerando che il nostro Paese ha depuratori di ottima qualità. Con costi di investimento incrementali minimi, 112 grandi impianti di depurazione potrebbero fornire al mondo agricolo 2,3 miliardi di metri cubi d’acqua l’anno; a fronte di costi di investimento incrementali stimati in circa 4,2 miliardi, altri 66 grandi impianti potrebbero produrre ulteriori 1,1 miliardi di metri cubi d’acqua”.
Servono, però, delle “misure abilitanti” a partire dall’aggiornamento del DM 185/2003 alle disposizioni del Regolamento europeo 2020/741 e proseguendo con “l’individuazione della corretta copertura dei costi inerenti l’implementazione degli impianti e delle infrastrutture necessarie”.
Per sfruttare a pieno questo potenziale “bisogna superare i problemi relativi alla governance, alla mancanza di fondi dedicati e alla corretta attribuzione delle responsabilità. Al decisore politico spetta l’indirizzo su come ripartire i costi di affinamento, stoccaggio e trasporto, ma i margini di crescita sono evidenti”.
Il comparto delle utilities e quello agricolo, ha concluso Colarullo, “possono cooperare in maniera sempre più stretta per fornire risposte sostenibili alle sfide dell’adattamento al cambiamento climatico: il riuso delle acque depurate rappresenta un tassello importante insieme alla costruzione di invasi a uso plurimo, all’utilizzo dei fanghi di depurazione e dei rifiuti organici come fertilizzanti, fino al recupero del fosforo e alla produzione di biometano”.