Biocarburanti, futuro incerto nella mobilità leggera in Europa

22 nov 2024
Il commissario in pectore Hoekstra ha escluso che ci potranno essere modifiche al Green Deal già concordato in precedenza. Articolo di Pierpaolo Signorelli.

Nell’aspro confronto elettorale che ha portato Trump ad essere nuovamente presidente e a comporre rapidamente il suo governo, gli USA hanno definito sé stessi: la natura della propria politica, la direzione di marcia da seguire, interessi e classi sociali che si vuole tutelare. Al contrario, in Europa, le cose procedono molto più lentamente.

Com’è noto, lo scorso luglio è avvenuta l’elezione del presidente della Commissione, che ha visto la riconferma della signora Fon der Leyen. Quest’ultima ha scelto i vari commissari che devono presentarsi in Parlamento per ottenerne il placet. La procedura prevede anche l’eventualità da parte dell’Agorà Comunitario di poter respingere la candidatura del commissario in pectore, magari perché non ritenuto più in linea col mutato panorama politico mondiale.

Il successo di Trump ha bruscamente delineato un diverso contesto economico per i prossimi anni; la nuova amministrazione americana imporrà un netto cambio di rotta, attraverso un diverso approccio con la Russia, nella politica dei dazi verso Cina e UE, nella riconferma degli idrocarburi rispetto alle rinnovabili.

Di conseguenza, nelle articolate fasi costituenti il nuovo esecutivo europeo, è ragionevole attendersi una modifica della precedente impostazione politica, visto anche le attuali difficoltà economiche interne che indeboliscono l’UE nel confronto con i colossi del mondo.

Tuttavia, il commissario in pectore per il clima, il cristiano democratico olandese Wopke Hoekstra,  che ad inizio novembre era stato ricevuto presso le commissioni riunite dell’europarlamento, ha confermato il pieno impegno nel perseguimento dell’originario Green Deal, senza palesare alcun tentennamento sugli obiettivi da raggiungere e le modalità da applicare.

In particolare, sulla delicata questione delle emissioni auto, Hoekstra ha ribadito interamente il cronoprogramma senza rinviare – come richiesto dalla stragrande maggioranza delle case automobilistiche europee – i nuovi limiti più restrittivi, ormai imminenti (1° gennaio 2025). E, soprattutto, senza offrire alcuno spiraglio per un allentamento della scadenza del 2035, anno in cui i motori a combustione interna saranno fuori norma e non saranno più prodotti per il mercato europeo. Al momento, la disposizione in esame risulta essere la sola in tutto il mondo avente tale finalità e tale sicurezza cronologica nell’applicazione.

Su scelte così ferme per l’automotive europea, dove tutto sarà incernierato sull’elettrico, il commissario candidato ha chiaramente spento ogni progettualità futura per i biocarburanti, malgrado il mercato della mobilità leggera sia il più facile e promettente campo di applicazione per tali combustibili. Al riguardo ha chiarito: “Quello che non posso fare, perché è stato un processo che ha preso molto tempo prima di giungere a un accordo, è di riaprire ciò su cui abbiamo concordato rispetto alle auto”. “I biocarburanti non possono far parte del mix, perché è troppo difficile renderli completamente neutri dal punto di vista dell'impronta carbonica”. “Ma” ha spiegato nella sua audizione: “per i biocarburanti di terza generazione si avrà un grande futuro, non nel settore auto ma in quello aereo e navale che ricercano carburanti sostenibili”.

Il mondo dell’automotive europeo è divenuto piuttosto insofferente per questa impostazione e da più parti si richiede delle dilazioni, modifiche o adattamenti, non tanto per il target così rigidamente prefissato per il decennio a venire, quanto per la situazione presente, che già fa registrare in Germania, la locomotiva indispensabile per il buon andamento economico e dei conti europei, la più grave crisi del settore automobilistico dal dopoguerra ad oggi.

La Volkswagen nello sforzo di realizzazione di una produzione di massa del veicolo elettrico, si è ritrovata con un esubero così sovrabbondante di vetture invendute da rischiare di chiudere tre stabilimenti. Sono infatti ancora molte le problematiche connesse con le vetture elettriche che sono rimaste inevase, soprattutto in un’ottica di diffusione di massa, situazione che richiede una progressione di mercato tanto più lenta quanto è più profonda la trasformazione. E qui si ragione di abbandonare per sempre il motore endotermico.

Tra l’altro, la componentistica principale dell’auto elettrica, ossia le batterie con rotori e statori sono, nella quasi totalità dei casi, importati dall’estero, ossia dalla Cina. L’industria europea non dispone ancora di una filiera autonoma, capace di produrre integralmente l’intero veicolo elettrico, e questa sarebbe la legittima e auspicata ambizione di Bruxelles. Hoekstra ha infatti assicurato una “lotta feroce per un equo terreno di confronto nel mercato automotive al fine di proteggere la produzione Ue di veicoli e batterie”.

Ma in Europa non si ritrovano né le terre rare, né i minerali – oggi divenuti “materie critiche” – necessari alla fabbricazione delle batterie che sono presenti in abbondanza, proprio in Cina; da quella Cina da cui l’Europa vorrebbe difendersi, applicando una politica dei dazi molto complicata da potersi realizzare, con probabili ritorsioni dagli effetti rovinosi.

Stando così le cose, l’unico modo per poter assicurare una diffusione dell’auto elettrica su larga scala – potrebbe sembrare un paradosso – è di ricorrere ad un uso sicuro e diffuso dei biocarburanti che, al momento, sono la sola alternativa per una progressione più dolce nel passaggio dal termico all’elettrico.

Se infatti essi saranno impiegati nei motori termici anche oltre la fatidica data, ne risulterà un effetto  meno impattante per l’industria automobilistica – con connesso salvataggio di posti di lavoro – e meno impattante per le tasche dei consumatori – con conseguente maggior capacità di spesa. Non solo, ma si guadagnerà tempo prezioso per diventare competitivi nella produzione di veicoli elettrici e per dotarsi dell’imprescindibile capillarità infrastrutturale (colonnine) e per  ottimizzare i sistemi di pagamento.

Non da ultimo, se si arrivasse davvero ad utilizzare i biocarburanti per il trasporto delle merci,  come ha lasciato intendere il commissario in pectore, non si vede come, escludendo il segmento della mobilità leggera, si possano poi realizzare investimenti per le coltivazioni tali da assicurare volumi sensibilmente maggiori. Anche per una simile prospettiva di utilizzo occorre una progressione di crescita indispensabile per sostenere il futuro sforzo produttivo.