Le 4 aste su 5 finora concluse hanno registrato una capacità produttiva assegnata nettamente inferiore al contingente disponibile, mantenendo l'Italia in ritardo rispetto al passo dell’Europa.
In Italia grande interesse per la produzione e l'utilizzo del biometano: già presenti 115 impianti allacciati alla rete del metano, di cui 77 al Nord, 13 al Centro e 25 al Sud, per una capacità produttiva totale di quasi 67.000 Smc/h. Sono i dati emersi dall'Outlook Biometano 2024, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.
Tuttavia, si legge, le 4 aste su 5 finora concluse per l'accesso alle risorse stanziate nell'ambito del PNRR hanno registrato una capacità produttiva assegnata inferiore al contingente disponibile e pari a circa 176.000 Smc/h.
A questo valore, continua il documento, vanno sottratte le rinunce, per cui il contingente effettivo è pari al momento a 122.270 Smc/h. Un trend che, commenta PoliMi, vede l'Italia in ritardo rispetto alla capacità attuale delle vicine Francia e Germania.
L'obiettivo europeo, sfruttando le risorse del piano REPowerEU, è quello di raggiungere al 2030 i 35 miliardi di metri cubi di produzione, per favorire la transizione energetica, ma anche rafforzare la sicurezza energetica del continente a seguito del conflitto russo-ucraino. Target specifici, si legge, sono poi stati definiti per la penetrazione del biometano in settori chiave come quello marittimo e l’aviazione, per promuovere l'adozione di combustibili di origine biologica.
"La produzione di biometano immessa in rete al momento equivale a circa 570 milioni di metri cubi/anno, un valore ben lontano dagli obiettivi contenuti nel PNIEC che la fissano a 5,7 miliardi di metri cubi/anno entro il 2030, con un focus sui consumi nei trasporti e nella produzione di energia termica per settori industriali hard-to-abate. Il pieno sviluppo richiede un impegno strategico condiviso, capace di superare barriere economiche, normative e logistiche", commenta Paolo Maccarrone, Direttore scientifico dell’Outlook Biometano 2024.
La maggior parte delle richieste di autorizzazione, si legge, riguarda impianti di nuova realizzazione: la conversione a biogas non è infatti né semplice, per l’incremento di spazio necessario a ospitare il sistema di upgrading e per lo stoccaggio del digestato, né conveniente sotto una soglia dimensionale minima o sopra una determinata distanza dalla rete di distribuzione del metano.
Inoltre, esistono sistemi di incentivazione anche per gli impianti a biogas, in particolare sotto forma di prezzi minimi garantiti (PMG) per l’energia immessa in rete. Questo conflitto tra sistemi di incentivazione è, secondo PoliMi, tra le ragioni che hanno portato a un numero di proposte di riconversione estremamente limitato nelle prime aste: i gestori di tali impianti, infatti, stavano attendendo la pubblicazione della nuova tariffa per l’immissione di energia elettrica in rete.
Infine, la durata del sistema di incentivazione è di 15 anni, mentre la vita utile di un impianto è stimata in 20 o più anni: oltre il quindicesimo anno di operatività non si beneficia dunque di alcun sostegno economico diretto, rendendo gli impianti non economicamente sostenibili in assenza di incentivi. Qualora non ne venissero introdotti di nuovi, è quindi forte il rischio che gli impianti vengano spenti al termine del quindicesimo anno.