Lo stato dell'arte del settore, da cui emerge anche che alcuni produttori attratti da tariffe particolarmente vantaggiose e demotivati dalle nostrane difficoltà burocratiche, esportano il loro prodotto all’estero, in particolare verso la Germania. Articolo di Monica Dall'Olio
Anche in Italia il biometano ha un enorme potenziale grazie alla disponibilità di diverse fonti di biomasse, come i fanghi di depurazione, i sottoprodotti agricoli e agroalimentari e la frazione organica del residuo solido urbano (FORSU), che possono essere trasformati in biogas e successivamente raffinati.
Attualmente, ci sono oltre 2.000 impianti di biogas, ubicati soprattutto nel nord Italia, e circa un centinaio di impianti di produzione di biometano, con una producibilità attesa pari a 572 milioni di smc (metro cubo standard) all’anno in uno scenario low messo a punto da REF Ricerche.
La produzione di biogas e biometano
L’Italia è il quarto produttore mondiale di biogas dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Secondo i dati Eba, European Biogas Association, la produzione di biogas in Europa (biogas e biometano combinati) nel 2022 è stata di 21 miliardi di metri cubi (bcm), pari al 6% del consumo di gas naturale dell'UE nello stesso anno, tanto per fare un esempio più dell’intera domanda interna di gas naturale della Polonia.
Quella di biometano è cresciuta del 20% rispetto all'anno precedente, passando da 3,5 miliardi di metri cubi nel 2021 a 4,2 miliardi di metri cubi nel 2022. Un dato particolarmente importante se si pensa che, sempre secondo l’associazione, nel frattempo, la dipendenza dell'UE dalle importazioni di gas naturale è passata dall'83% nel 2021 al 97% nel 2022.
Le prime posizioni in classifica per produzione di biogas sono occupate dalla Germania, nettamente al primo posto, seguita a distanza dall’Italia e dalla Francia, con la virtuosa Danimarca al quarto posto, virtuosa in quanto emerge come il Paese europeo con la maggiore produzione pro capite. Scendendo nello specifico del biometano, a fine 2022, l'Europa contava in totale 1.222 impianti di produzione, in deciso aumento negli ultimi anni, essendo quasi raddoppiati rispetto al 2017 (627). Il 58% degli impianti attivi è allacciato alla rete di distribuzione gas, il 19% è connesso alla rete di trasporto, il 9% non è allacciato alla rete gas e per il restante 14% non sono disponibili informazioni. I maggiori produttori nel 2021 (dati Rie – Gse), sono stati Germania (1,2 mld mc), Regno Unito (0,6 mld mc), Danimarca (0,5 mld mc), Francia (0,4 mld mc), Paesi Bassi (0,22 mld mc) e Italia (0,17 mld mc).
Il sistema biometano italiano
Il nostro Paese da tempo incentiva la produzione di biometano e anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha destinato 1,92 miliardi di euro, prevedendo di raddoppiare l’attuale produzione e quindi superare complessivamente i 4 miliardi di smc di biometano entro il 2026 attraverso la riconversione e l’aumento di potenza di impianti di biogas esistenti ma anche di nuove installazioni.
Ciò premesso, ci spiega come funziona il sistema incentivante nazionale Lorenzo Maggioni, agronomo ed esperto di biometano.
“Due i provvedimenti di riferimento: il decreto del 2 marzo 2018 e il decreto 15 settembre 2022 che riguardano ambiti diversi.
Il primo, che non consente ulteriori adesioni, prevede per i produttori di biometano immesso in consumo nei trasporti, tramite impianti di distribuzione stradali, autostradali o privati, il rilascio dei Certificati di Immissione in Consumo (CIC), calcolati secondo le procedure GSE (Gestore servizi energetici). Riguarda circa 100 impianti che raggiungono una produzione complessiva stimata intorno ai 700 milioni di metri cubi. Si parla di stime in quanto i dati pubblicati dal GSE sono relativi agli impianti che hanno raggiunto la cosiddetta qualifica, che coincide con l’assegnazione dei CIC e tra l’entrata in funzione e l’ottenimento della qualifica possono passare anche 12 mesi.
Poi c 'è il decreto del 2022, che promuove l'incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale attraverso un sostegno in conto capitale (pari al massimo al 40% delle spese sostenute ed erogato grazie al Pnrr) e un incentivo destinato alla produzione (tariffa incentivante applicata alla produzione netta di biometano, sotto forma di Tariffa Onnicomprensiva o di Tariffa Premio). Per l'accesso a questo doppio incentivo è necessario iscriversi a una delle 5 procedure competitive stabilite (aste, ndr). Tre sono già chiuse e se ne conosce l 'esito perché sono già state pubblicate le graduatorie, una quarta attualmente aperta chiuderà ad agosto e l'ultimo aprirà a dicembre per chiudere a gennaio 2025.”
Senza entrare nel merito delle differenze tra le varie aste, che nel tempo stanno evolvendo, c’è da dire che nessun impianto autorizzato nell’ambito del decreto del 2022 è ancora entrato in produzione e per i primi bisognerà attendere ancora alcune settimane.
I numeri delle procedure competitive già svolte
All’esito delle tre procedure competitive già svolte, i progetti ammessi agli incentivi sono in totale 157, per una capacità produttiva pari a 71.950 standard metri cubi (producibilità annua di 630 milioni di standard metri cubi). Più di recente il GSE ha pubblicato la graduatoria del terzo bando PNRR. La novità più importante di questo bando è stato l’adeguamento degli incentivi biometano all’andamento dell’inflazione registrato tra novembre 2021 e dicembre 2023. Nel terzo bando sono stati 132 i progetti ammessi a finanziamento per impianti di produzione nuovi o riconvertiti, di cui 121 (91,7%) sono agricoli (dati di fonte CIB).
Biometano è anche export
Ma il biometano prodotto nel nostro Paese rimane tutto in Italia? La risposta è no. Alcuni produttori, spiega ancora Maggioni, soprattutto di bioGNL, il biometano in forma liquida, attratti da tariffe particolarmente vantaggiose e demotivati dalle nostrane difficoltà burocratiche, esportano il loro prodotto all’estero, in particolare verso la Germania.
Un fenomeno sottolineato anche da Daniele Camponeschi, co-fondatore e Cio di Green Arrow Capital, intervistato da GreenGas: “Le aziende tedesche sono molto dinamiche nell'acquisizione della molecola in tutta Europa e pagano i certificati il doppio rispetto al prezzo di mercato. La Germania ritiene in questo momento storico di dover anticipare il mercato e quindi rendere disponibili queste fonti non fossili per poter sostenere la transizione energetica.”
Un fenomeno che può essere stato incentivato anche dall’introduzione dei certificati di garanzia di origine ("da energia rinnovabile") per energia elettrica, biometano e idrogeno, in vigore dal 18 luglio 2023, con il Dm Ambiente 14 luglio 2023, n. 224.
Nel caso di biometano gassoso incentivato ai sensi del DM 2018, tali certificati sono assegnati direttamente al Gse. Il prodotto, di conseguenza, esce dall’impianto equiparato a gas naturale fossile e torna ad essere classificato “bio” solo nel caso in cui l’offtaker acquisti anche le relative Garanzie di origine.
Sempre in merito ai certificati di garanzia di origine, comunemente chiamati GO, la normativa italiana stabilisce che nel caso siano destinate ad “altri usi finali” possano essere utilizzate nell’ambito del sistema dell’European Union Emissions Trading System - EU ETS, suscitando l’interesse dell’industria gas-intensive bisognosa di decarbonizzare.
Verso la semplificazione?
Un meccanismo davvero complesso e non lineare quello attuale, ma arrivano anche segnali positivi. Nel mese di aprile è stato approvato un emendamento inserito all’interno del Dl Pnrr che semplifica l’accesso ai bandi per lo sviluppo del biometano.
Soddisfazione è stata espressa dal CIB-Consorzio Italiano Biogas, in quanto in questo modo si “agevola la partecipazione delle aziende agricole ai prossimi bandi biometano permettendo la presentazione della domanda di ammissione agli ultimi due bandi anche in assenza di alcune autorizzazioni non essenziali in quella fase, ma che dovranno in ogni caso essere ottenute prima dell’avvio dei lavori conseguente all’approvazione delle graduatorie.”
“L’approvazione dell’emendamento al DL PNRR rappresenta un’utile semplificazione per le nostre aziende agricole sempre più soggette a numerose scadenze che molto spesso impediscono di poter cogliere nei tempi le opportunità di sviluppo per il settore.”, commenta il Presidente Piero Gattoni. “Di fronte ai tempi stretti per il completamento dei progetti del PNRR entro il 2026, questo provvedimento costituisce una spinta agli investimenti nel nostro settore perché evita che le iniziative non possano accedere ai bandi per ritardi non dipendenti dagli agricoltori.”
Biometano e Pniec
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) ha previsto un percorso positivo per il settore con un potenziale complessivo che si avvicina ai 6 miliardi di mc di biometano al 2030. Secondo i dati del CIB, in linea con il percorso avviato con il PNRR e seguendo le finalità espresse dal REPowerEu, il settore ha un potenziale di sviluppo del biometano agricolo di 6,5 miliardi di Smc al 2030 a cui affiancare la produzione da rifiuti a matrice organica che può raggiungere 1 miliardo di Smc.
Ricordiamo che il Piano della Commissione Ue REPowerEU ha previsto l'obiettivo di aumentare la produzione e l'uso annuale di biometano a 35 miliardi di metri cubi entro il 2030, il doppio, ricorda il CIB, della disponibilità di biometano rispetto al ritmo di crescita previsto in precedenza nel pacchetto Fit-for-55.