
Lo studio svela che portare avanti la transizione gemella, cioè verde e digitale insieme, permetterebbe di ridurre le emissioni del 53%, anche e soprattutto grazie all'impiego dell'intelligenza artificiale.
Migliorare la previsione della generazione rinnovabile attraverso tecnologie di Generation Forecast, potenziare la capacità della rete elettrica di gestire gli sbilanciamenti con soluzioni per la Grid Stability e adattare il profilo di consumo a quello di produzione mediante l’implementazione di meccanismi di Demand Response.
Sono le tre azioni strategiche, basate sull'AI e che impattano sulla gestione della natura intermittente delle fonti energetiche rinnovabili, al centro del Digitalization & Decarbonization Report 2024, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.
Nel dettaglio, spiega lo studio, portare avanti la transizione gemella, cioè verde e digitale insieme, per sbloccarne il potenziale sinergico, permetterebbe di ridurre le emissioni del 53% attraverso impatti diretti (18%) e indiretti (35%), anche e soprattutto grazie all'impiego dell'intelligenza artificiale.
"Già oggi, e ancor più in futuro, le FER rappresentano una quota significativa della generazione elettrica nazionale, apportando importanti benefici ambientali. Tuttavia, la loro natura non programmabile, dipendente dalle condizioni atmosferiche così come dai fabbisogni di famiglie e imprese, genera frequenti squilibri tra produzione e consumo", commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S.
"In prospettiva, una quota crescente di energia rinnovabile sarà destinata alla produzione di idrogeno a zero emissioni, che verrà trasportato e gestito attraverso un’infrastruttura molto simile a quella utilizzata per il gas naturale, quindi l’intermittenza delle FER avrà implicazioni anche sul sistema di gas e idrogeno. Le applicazioni analizzate, dunque, trovano un ampio utilizzo anche in questo settore emergente, contribuendo a costruire un ecosistema energetico integrato", aggiunge Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile della ricerca.
All'interno del Report si sottolinea la necessità di un quadro normativo che indirizzi in maniera decisa la transizione digitale, attraverso investimenti mirati e meccanismi regolatori robusti, e si approfondiscono alcune delle principali misure europee degli ultimi 5 anni, come il Data Act, il Chip Act e l’AI Act.
Le applicazioni dell’intelligenza artificiale, si legge, si estendono all’intera filiera del settore energetico, dalla produzione al trasporto e alla distribuzione, fino al consumo finale: alcune sono strettamente connesse alla transizione, mentre altre, pur offrendo opportunità di supporto alla decarbonizzazione, trovano impiego in ambiti differenti, come la manutenzione predittiva, che può essere applicata anche in contesti tradizionali come la gestione delle centrali termoelettriche.
"Esiste un'ampia varietà di soluzioni digitali per la decarbonizzazione che coinvolgono in prima linea i cittadini e le loro scelte e che richiedono lo sviluppo di uno specifico know-how tecnologico in ambito di sistemi IoT e di tecniche per la gestione dell’AI. I costi e la complessità tecnica possono rappresentare una barriera all’integrazione di questi sistemi, ma con un approccio pragmatico e integrato si possono ottenere risultati soddisfacenti che ci mettano al passo con i target di decarbonizzazione delle politiche comunitarie", conclude Frattini.
Il Report di quest’anno indaga anche le principali tecnologie digitali in ambito urbano, legate sia a contesti strutturali (recupero rifiuti, illuminazione, gestione dati, connettività, sistemi idrici ecc.) sia alla mobilità: il programma Urban Europe sui PED, si legge, chiamato “Distretti e quartieri a energia positiva per lo sviluppo urbano sostenibile” contribuisce agli obiettivi del Piano Strategico europeo per le Tecnologie Energetiche (SET) e intende supportare la pianificazione, la diffusione e l’implementazione di 100 distretti a energia positiva in tutta Europa entro il 2025.
In merito ai costi energetici dell'AI, la ricerca svela che essi derivano principalmente dall'utilizzo dei modelli, ossia dall'inferenza, che rappresenta l’80-90% del workload nei data center, rispetto al 10-20% dell'addestramento: infatti, il training di un modello AI comporta un costo una tantum, mentre il suo utilizzo continua a consumare energia nel tempo, perché in media l'interazione con un modello LLM richiede un consumo energetico di circa dieci volte superiore rispetto a quello necessario per una normale ricerca sul web.
Tra il 2020 e il 2024, si legge, la domanda di energia dei data center è raddoppiata tra il 2020 e il 2024 e si prevede che cresca ulteriormente del 137% entro il 2029, principalmente per supportare l'uso sempre più diffuso di modelli di intelligenza artificiale: a livello globale, la domanda aggiuntiva di energia per i data center legati all'AI è prevista pari a 716 TWh tra il 2024 e il 2029.
Infine, nel documento è stata aggiornata l’analisi delle iniziative digitali promosse dalle 40 aziende dell’indice MIB ESG, che nel biennio 2023-2024 sono salite a 902, segnando un incremento del 23% rispetto al periodo precedente. Questi progetti, rivela lo studio, si sono focalizzati sull'adozione di tecnologie innovative come IoT, AI e digital twins, con particolare attenzione agli ambiti Operations e Risorse Umane.
Quanto alle iniziative, si legge, per tre quarti si concentrano nei settori Financials, Utilities e Industrials, ma il crescente numero di progetti tecnologici non si traduce in un'adeguata misurazione dell'impatto ambientale: solo il 4% delle attività è infatti rendicontato in termini di emissioni di CO₂ effettivamente risparmiate, evidenziando la necessità di un approccio più strutturato alla valutazione dei benefici sostenibili.