Aumentare la produzione di biometano[1] (+66%), ridurre i costi di produzione (-44%), evitare l’emissione in atmosfera di gas a effetto serra (-113 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) e creare nuovi posti di lavoro (circa 300mila) in Europa entro il 2030. Sono questi gli obiettivi del nuovo progetto europeo Biomethaverse da 10 milioni di euro, che vede coinvolti 22 partner da 9 Paesi UE, tra cui ENEA, ISINNOVA (coordinatore), Politecnico di Milano, Gruppo CAP, SIAD e Consorzio Italiano Compostatori in Italia.
“Il progetto avrà come scopo fondamentale la realizzazione di impianti dimostrativi per la produzione di biometano. Ma prima di tutto dovremo arrivare a diversificare la base tecnologica, aumentarne l’efficienza produttiva e abbattere i costi. Questo gas è ancora costoso da produrre e le tecnologie di metanazione[2] ancora poco mature e diffuse” spiega Alessandro Agostini, ricercatore del laboratorio Accumulo di Energia, Batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’Idrogeno e referente per ENEA del progetto insieme ai colleghi Claudio Carbone e Alberto Giaconia. “Garantire che il biometano raggiunga gli standard di qualità della rete del gas a prezzi di produzione accessibili è fondamentale per consentire un aumento della produzione, così come prevede il piano Repower EU che ha lanciato l’iniziativa ‘Biomethane Industrial Partnership (BIP)’ per centrare il target di 35 miliardi di m3 di biometano sostenibile entro il 2030, prosegue il ricercatore. In questo contesto, ENEA avrà il compito di supportare gli sviluppatori per valutare e ottimizzare le prestazioni tecnico-economiche e la sostenibilità ambientale e sociale delle nuove tecnologie in vista di una diffusione su ampia scala.
Nei quattro anni e mezzo previsti, il progetto Biomethaverse dovrà dimostrare cinque vie innovative di conversione a biometano in altrettanti Paesi europei (Francia, Grecia, Svezia, Ucraina e Italia presso l’impianto di CAP Holding[3], in provincia di Milano), sotto il coordinamento della European Biogas Association.
In dettaglio, in quattro dimostratori di Biomethaverse il biogas o il syngas verranno combinati con idrogeno rinnovabile, mentre nel quinto caso, sarà utilizzata direttamente elettricità rinnovabile per aumentare la resa complessiva di biometano prodotto da microorganismi. Le nuove tecnologie (come la conversione termochimica, elettro-biochimica e biologica) saranno testate singolarmente o combinate e implementate in quattro impianti già operativi che utilizzano la digestione anaerobica e in un impianto dimostrativo che utilizza, invece, la gassificazione. “Tutte le tecnologie dimostrate rappresenteranno significative innovazioni rispetto a quelle convenzionali di upgrading di biogas a biometano e, soprattutto, adotteranno un approccio circolare per quanto riguarda l’energia e i materiali. Alla fine del progetto raggiungeranno tutte TRL 6-7, ossia livelli di maturità tecnologica industrialmente rilevanti o prossimi alla commercializzazione”, sottolinea Agostini.
Ad oggi il biometano viene prodotto ‘ripulendo’ (upgrading) il biogas ottenuto dalla fermentazione biologica in ambiente anaerobico di biomasse come rifiuti organici, sottoprodotti agricoli o dell’industria alimentare. La CO2 co-prodotta durante il processo di conversione della biomassa viene separata dal biometano per aumentarne la concentrazione e ottenere un flusso puro di metano. Ora, grazie al progetto UE, sarà possibile utilizzare la CO2 prodotta assieme a energia elettrica rinnovabile, o a idrogeno verde, per produrre biometano aggiuntivo; in questo modo il processo, chiamato metanazione, sarà in grado di fornire ulteriore capacità di accumulo di energia per fungere da vettore di energia rinnovabile flessibile.
Il biometano è un sostituto rinnovabile e sostenibile del gas naturale di origine fossile che può essere prodotto localmente; inoltre, favorisce il riciclo dei nutrienti grazie alla produzione di digestato (residuo della digestione anaerobica per la produzione di biogas) che può essere impiegato come biofertilizzante in agricoltura. Queste caratteristiche, sommate alla sua impronta di emissioni di carbonio molto bassa rispetto ai combustibili fossili, lo rendono un potente alleato nel contrasto dei cambiamenti climatici, in quanto può essere complementare alle fonti di energia intermittenti, grazie alla sua capillare rete di distribuzione, capacità di accumulo e alla sua versatilità di utilizzo praticamente in tutti i settori, inclusi quelli difficili da disaccoppiare dai combustibili fossili.
Fonte: www.media.enea.it