Con le nuove risorse che vanno a rafforzarne la capacità finanziaria, HBI si appresta ora a crescere sotto i profili industriale e commerciale nelle attività di recupero circolare e sostenibile dei fanghi di depurazione, in Italia e all’estero
HBI, azienda italiana che ha sviluppato e applicato la prima tecnologia poligenerativa per il trattamento dei fanghi da depurazione in ottica di economia circolare, annuncia un aumento di capitale fino a 15 milioni di euro riservato a un pool di nuovi investitori.
Il round di investimento di Serie A vede CDP Venture Capital partecipare come lead investor, con il Green Transition Fund, che utilizza risorse stanziate dall’UE tramite l’iniziativa NextGeneration EU, e con il Fondo Evoluzione.
Entrano inoltre nel capitale di HBI l’imprenditore Bruno De Guio, Finanziaria Internazionale Investments, la SGR del gruppo Finint, e altri investitori, tra cui le holding di partecipazioni Bizac e Afra e il manager Gabriele Mazzoletti. Questi si vanno ad aggiungere agli azionisti esistenti, tra i quali il Founder e CEO Daniele Basso, che resta azionista di riferimento, il co-founder Renato Pavanetto, NovaCapital, la holding di partecipazioni presieduta da Paolo Merloni, Carretta, Next Generation Venture e Roleo.
I fanghi da depurazione sono ancora oggi gestiti come rifiuti. La tecnologia poligenerativa sviluppata da HBI consente invece di recuperarne oltre il 90% dei materiali ricavandone acqua, energia rinnovabile e materie prime seconde. Ciò permette di abbattere drasticamente la destinazione dei fanghi in discarica o il loro incenerimento, così come l’importazione di fertilizzanti dall’estero.
HBI stima che il mercato delle soluzioni innovative, circolari e sostenibili per il trattamento dei fanghi di depurazione possa generare, solo in Italia, un valore economico superiore ai 500 milioni di euro all’anno, mentre la commercializzazione di CRM recuperate dai fanghi potrebbe produrre un ulteriore valore aggiunto per circa 200-300 milioni di euro all’anno.
Con un volume di 3.2 milioni di tonnellate/anno (2021) l’Italia è il terzo paese europeo per produzione annuale di fanghi. Oggi circa la metà viene smaltita in discarica o all’incenerimento senza alcuna attività di recupero. La quasi totalità della parte restante ha come destino prevalente lo spandimento in agricoltura senza alcuna attività di decontaminazione da materiali pericolosi e potenzialmente inquinanti (quali, ad esempio, i metalli pesanti), né di recupero di materie prime come il fosforo e il magnesio. Una situazione a cui si aggiungono gli effetti del trasporto dei fanghi. Secondo uno studio presentato da Utilitalia, il Centro ed il Sud hanno esportato circa 480.000 tonnellate di fanghi verso altre regioni, soprattutto del Nord.
Per le inadempienze nel trattamento dei fanghi di depurazione l’UE ha aperto una serie di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia, l’ultima delle quali (la quarta) costa alla collettività almeno 60 milioni di euro all’anno. La tecnologia HBI consente di superare questa situazione e, adottata su scala nazionale, di generare un risparmio per le imprese e per la collettività stimato tra i 120 e i 150 milioni di euro annui.
La tecnologia messa a punto da HBI - scrive la società - consente di chiudere il ciclo idrico integrato, recuperando l’acqua contenuta nei fanghi ed estraendo materie critiche e strategiche quali il fosforo e il magnesio, utilizzabili come basi rinnovabili per la produzione di fertilizzanti agricoli sostenibili, prodotti per i quali oggi l’Europa dipende da forniture extra UE. Quella di HBI è inoltre una tecnologia autonoma dal punto di vista energetico, perché reimpiega l’energia contenuta nei fanghi stessi, ed è un sistema perfettamente integrabile agli impianti di digestione anaerobica esistenti.