Idrico, la filiera dell'acqua vale quasi il 20% del Pil

22 mar 2024
Gestori investono 64 euro/anno per abitante. Dalla filiera idrica 367,5 mld di valore

Gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico hanno raggiunto i 64 euro annui per abitante nel 2022, con una crescita del 94% rispetto al 2012 (circa 33 euro per abitante), l’anno di avvio della regolazione ARERA. Valori che si avvicinano progressivamente alla media europea degli ultimi cinque anni, pari a 82 euro per abitante. 

Sono solo alcuni dei dati resi noti a Roma in occasione della presentazione del Blue Book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, relativi al servizio idrico integrato, e del Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, relativi alla filiera estesa dell’acqua.  

Secondo il Blue Book, che ha coinvolto Istat, Enea, ANBI e le sette Autorità di Bacino dei Distretti Idrografici, esiste ancora un significativo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali "in economia", specialmente nel Meridione. Qui, gli investimenti medi si sono attestati a 11 euro per abitante. Dei 1.465 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, l’80% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,6 milioni di persone.

Dal Rapporto la filiera idrica estesa genera valore per 367,5 miliardi di euro, pari al 19% dell’intero PIL nazionale, un valore in crescita dell’8,7% rispetto al 2021. Secondo gli ultimi dati del Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, oltre 341 miliardi di euro (+9,1% sul 2021) sono impattati direttamente dall’acqua nei settori agricolo, industriale ed energetico. La filiera estesa dell'acqua coinvolge una vasta gamma di attività economiche, dalla produzione agricola alla manifattura idrovora, al settore energetico, toccando complessivamente 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330.000 aziende manifatturiere e 10.000 imprese energetiche. L'impatto diretto, indiretto e indotto del settore porta un valore aggiunto di 16,5 miliardi di euro, attivando oltre 150.000 posti di lavoro.

Dal Blue Book emerge anche che negli ultimi anni si è assistito ad una crescita delle tariffe del servizio idrico di circa +5% annuo, anche se quelle italiane rimangono tra le più basse d’Europa. Il valore degli investimenti sostenuti dalla tariffa è aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno. Il PNRR sta dando certamente un impulso significativo, grazie anche alle risorse aggiuntive derivanti dalla recente rimodulazione del Piano, che ha permesso di stanziare circa 1 miliardo di euro aggiuntivi, destinati alla riduzione delle perdite, oggi ancora elevate e mediamente pari a circa il 42% dell’acqua immessa in rete. Il fabbisogno di settore è stimato in almeno 6 miliardi l’anno: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del PNRR, per innalzare l’indice di investimento annuo e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinandosi così alla media di altri Paesi europei di dimensione simile all'Italia.

Oltre alle risorse economiche è essenziale superare le residue criticità in tema di governance. Circa il 95% della popolazione nazionale risiede in bacini dove l’affidamento è avvenuto in maniera conforme alla normativa pro tempore vigente: permangono comunque delle situazioni di criticità in Campania e in Sicilia. In questo quadro, spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, “ci siamo fatti promotori di una proposta di riforma del settore in quattro punti tese alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e a un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. Attraverso queste proposte contiamo di raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro per abitante all’anno”.

"Quello del ciclo idrico esteso, che include le sette fasi del ciclo idrico integrato, la fornitura di software e tecnologia e le filiere di fornitura, si è dimostrato un settore resiliente e dalla grande capacità innovativa – afferma Valerio De MolliManaging Partner e CEO di The European House – Ambrosetti. “Ha generato nel 2022 un Valore Aggiunto di 9,3 miliardi di euro, con una crescita media annua del +3,8% nel periodo 2010-2022, superiore sia alla media del settore manifatturiero che a quella dell'intero PIL italiano”.  

Come emerge dai dati della Community Valore Acqua per l’Italia di TEHA che rappresenta 37 Partner tra le principali aziende e istituzioni protagoniste del comparto idrico, le aziende del ciclo idrico esteso contano oltre 92 mila lavoratori con un tasso di crescita dell'occupazione quattro volte superiore alla media nazionale (il settore energetico conta 81mila occupati).

Anche nel settore dei servizi idrici il Paese è spaccato in due: se al Nord si concentra il 74% dei lavoratori del ciclo idrico esteso e il 60% delle 3.500 imprese totali del settore, al Centro e Sud rimangono rispettivamente il 12,6% e 12,8% degli occupati e il 15,8% e 26,2% delle imprese. La gestione pubblica dell’acqua affidata ai singoli enti territoriali (gestione in economia) – che genera un valore complessivo di solamente 491 milioni di euro è una prerogativa del Sud Italia e delle Isole.