Idrogeno, cambio di focus per un cambio di paradigma

19 mar 2025
Articolo a cura di Pierpaolo Signorelli. Necessario compiere un balzo tecnologico, un cambio di paradigma applicato all’intero comparto, affinché l’idrogeno passi da impiego industriale a carburante diffuso, dapprima sui i veicoli pesanti e poi sugli altri mezzi di trasporto.

L’idrogeno è il vettore energetico su cui si riversano le maggiori speranze per la transizione energetico-economica che l’Italia è chiamata ad affrontare nei prossimi lustri.

Attualmente, l’idrogeno viene utilizzato in diversi contesti industriali, come ad esempio nella lavorazione di metalli, piuttosto che nel feedstock dei tradizionali processi di raffinazione, nelle bio-raffinerie, ma anche come componente addizionale del metano sempre per impieghi industriali.

Ci sono molti modi per ricavare l’idrogeno, che non è presente in forma libera in Natura, il principale dei quali è lo Steam Methane Reforming (SMR), tecnologia matura, ma ancora piuttosto impattante per l’ambiente. Si vorrebbe preferire invece la via “verde”, ossia l’elettrolisi alimentata da fonti rinnovabili, processo che presenta come principale inconveniente quello dei costi relativi alla desalinizzazione, visto che la fonte principale per approvvigionarsi dell’idrogeno sarebbe l’acqua di mare.

Gli impieghi di tale vettore sono molteplici, avendo l’idrogeno ottime caratteristiche sia nella conservazione che nell’erogazione dell’energia. È infatti  il carburante con la maggiore densità energetica (1 kg contiene la stessa energia di 2,4 kg di metano o di 2,8 kg di benzina). Ha la maggior efficienza di capacità per lo stoccaggio e possiede un’alta efficienza di conversione con rendimenti che arrivano fino al 60% in un’auto a fuell cell.

Gli sforzi della ricerca sono concentrati sulla mobilità. Infatti, se il trasporto privato leggero è ormai impostato sulle vetture ibride ed elettriche, per i mezzi pesanti, per le imbarcazioni di vario cabotaggio, nonché per gli aeromobili di linea, il discorso è diverso. In sostanza per queste opzioni si cerca di sostituire i carburanti di origine fossile con l’idrogeno, che va ad alimentare un propulsore dedicato HICEV (Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle) ossia a combustione interna, oppure elettrico FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle), che al momento appare di  maggiore affermazione.

Tuttavia, l’approntamento di una rete di rifornimento di idrogeno o di parco batteria per il ricambio del trasporto privato diffuso è tutt’altro che di agevole risoluzione. La difficoltà principale, riscontrata sebbene in forma minore anche nella mobilità elettrica, concerne da una parte, l’organizzazione della filiera che supporti l’offerta e, dall’altra, la sussistenza di  una domanda robusta che giustifichi gli investimenti sia compiuti che quelli propulsivi per la fioritura del settore. Ottenere idrogeno non è difficile e le quantità disponibili per la domanda industriale sono ben proporzionate; ma per la mobilità pesante terrestre, la più facile fra tutte le forme di trasporto, si è ancora deficitari di una rete per i rifornimenti. Si precisa che stazioni di rifornimento ci sono, anche direttamente accessibili ai privati, come in Germania, ma per lo più sono dedicate agli autobus per il trasporto cittadino, ossia per veicoli che compiono un percorso dal kilometraggio limitato.

Partendo dallo stato gassoso l’idrogeno può essere conservato e trasportato in vari stati, che richiedono progressivamente maggior energia e lavoro, quindi maggior costo: in compressione mediante  l'uso di serbatoi ad alta pressione (350-700 bar o 5000-10.000 psi) oppure in forma liquida (stoccaggio criogenico) a temperature estremamente basse, con tecnologia dedicata. Poiché il suo punto di evaporazione/condensazione avviene a -252,8°C, è necessario scendere permanentemente oltre quel limite. Tutti procedimenti altamente dispendiosi che necessitano di una filiera dedicata sia per trasporto via tubo che  attraverso cisterne.  

Queste pesanti limitazioni rendono l’attuale filiera mancante di numerosi tasselli poiché le iniziative oggi presenti (produzione e distribuzione) sono sparse sul territorio e mirate a specifici impieghi; mancano cioè sinergie adeguate che facciano convergere verso progettazioni articolate. Quest’ultima problematica è stata probabilmente il principale driver d’azione del PNRR inerente al settore: sono stati stanziati oltre 2,5 miliardi di euro per l’idrogeno, un ammontare assai rilevante, eppure, anche per via di percorsi burocratici complicati, si stenta a raggiungere la  meta: 11 progetti avanzati da aziende o gruppi di imprese sono stati ritirati ed i fondi sono ancora inevasi.

Non a caso nel recente “Tavolo di Lavoro promosso da TEHA Group, in collaborazione con WAVE”, è emersa la necessità di cambiare strategia e di convogliare gli sforzi mediante una concertazione nazionale che consenta di superare l’attuale frammentazione nella filiera dell’idrogeno, di favorire  un coordinamento tra i ministeri competenti e di aggiornarsi  sulle evoluzioni del mercato e delle tecnologie. Lo sforzo è di convergere le iniziative verso obiettivi mirati e concreti.

Probabilmente, il PNRR non è lo strumento più idoneo per questa tipo di sfida, perché è tarato su di un livello macro, sebbene le somme stanziate siano quelle giuste per poter far decollare un settore così complesso. Quello che manca è un focus di attacco, ossia la concentrazione su uno, due al massimo tre obiettivi che portino a risolvere il principale problema: realizzare motori HICEV e FCEV che siano complessivamente comparabili per costi di acquisto, tempi di ricarica e prestazioni ai motori endotermici oggi in uso nei differenti mezzi di trasporto, in primis il trasporto su pesante strada: senza una soluzione tecnica performante ed economicamente competitiva, non si struttura la filiera e non si genera l’indotto.   

Perciò la questione non è tanto o solo ottenere idrogeno – tematica, come visto certamente complicata – quanto poterlo impiegare in un mezzo di trasporto pratico, sicuro, ma soprattutto economico. La transizione energetica stenterà sempre fintantoché le soluzioni via via proposte avranno costi di commercializzazione esorbitanti. E per l’idrogeno dal punto di vista della competitività economica non c’è una sola fase vantaggiosa, si è sempre perdenti rispetto al trasporto ordinario.

La sola via di riuscita è quella di compiere un balzo tecnologico, un cambio di paradigma applicato all’intero comparto, affinché l’idrogeno passi da impiego industriale a carburante diffuso, dapprima sui i veicoli pesanti e poi sugli altri mezzi di trasporto. Se si arriva al prodotto innovativo performante, il mercato vi si struttura intorno ed altre imprese discendono in campo ansiose di sfruttare il nuovo contesto.

Al contrario le imposizioni amministrative, come il caso della mobilità elettrica privata sta dimostrando in Europa, saranno mal digerite dall’utenza e avranno gravi ripercussioni sull’occupazione e sul sistema produttivo. Quest’ultima voce, poi, forse non debitamente sottolineata, ha invece per la riuscita della transizione energetica, un’importanza esiziale: molte produzioni di apparati tecnici indispensabili (pannelli fotovoltaici, batterie, semiconduttori, microchip avanzati) sono prodotti extra UE, soprattutto in  Oriente (Cina, Taiwan, Corea del Sud  e Giappone).

Certo, non si può produrre tutto in casa, ma neanche essere così esposti all’export di altri, specie quando i paesi terzi non sono repubbliche democratiche (Russia e Cina) ovvero adottano come politica estero-commerciale l’imposizione permanete di dazi (USA). In entrambi i casi, le norme di diritto cedono il passo ad interessi politici, con ripercussioni pesantissime sul paese importatore, la sua filiera ed i consumatori. Si permarrebbe in uno stato di continuo ricatto e debolezza.

Nel caso dell’idrogeno però, considerato la dilazione a livello internazionale nel decollo del settore, potrebbe rappresentare l’occasione idonea per favorire l’installazione di nuove imprese nazionali da avviarsi proprio grazie ai fondi europei. Ma questa fioritura sarà tanto più possibile quanto maggiormente i fondi messi a disposizione saranno convogliati verso quegli indirizzi di ricerca che rispondono positivamente alle reali priorità del settore.

Il raggiungimento e l’acquisizione di un pacchetto di soluzioni tecnologiche per l’idrogeno, com’è stato l’inverter per i pannelli fotovoltaici o il pacco batterie al litio per le auto elettriche, non solo comporterà un vantaggio comparato nella concorrenza, ma consentirà quello scatto in avanti verso la transizione energetica in tutti i paesi industrializzati.