I dati dell'Hydrogen Innovation Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che quest’anno punta i riflettori in particolare sulle criticità legate al trasporto e allo stoccaggio. Presentato, insieme alle aziende partner della ricerca, all’interno dell’Hydrogen Summit, evento organizzato da MCE all’Allianz MiCo Milano.
Appena 24 progetti su un totale europeo di 631, 1,97 GW di capacità di elettrolisi (contro i 93,55 GW dell’Europa) a fronte dei 5 GW previsti nelle linee guida. È il “contributo” annunciato dall’Italia all’installazione di impianti per la produzione di idrogeno da elettrolisi nei prossimi 7 anni. In un contesto in cui, rispetto agli obiettivi al 2030 contenuti nella strategia europea (40 GW di capacità d’elettrolisi), si osservano annunci più che doppi - e in particolare nel quinquennio 2026-2030, quando dovrebbero entrare in funzione 154 progetti (70,6 GW) - l’Italia dunque resta al palo.
E’ quanto emerge dall’Hydrogen Innovation Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che quest’anno punta i riflettori in particolare sulle criticità legate al trasporto e allo stoccaggio.
Secondo il report la colpa, in prima istanza, è della mancanza di una strategia nazionale: siamo ancora alle “linee guida”, mentre hanno già una normativa chiara e definita i 5 Paesi europei più attivi (circa il 75% della produzione) e cioè Germania, Spagna, Olanda, Danimarca e Regno Unito, ciascuno con annunci al 2030 superiori a 10 GW, più precisamente tra gli 11,4 di UK e i 17 della Germania.
Solo lo scorso anno l’Italia era in pole position, con un target di 5 GW al 2030 come Germania e Regno Unito e una previsione di investimenti nelle linee guida superiore a quella degli altri Paesi europei (10 miliardi di euro), mentre ora guarda allontanarsi i “big 5”, che viaggiano tutti con annunci in doppia cifra. Gli elettrolizzatori saranno alimentati principalmente da mix di rinnovabili dedicate (91% della capacità annunciata), ma UK e Olanda sono attivi anche nella produzione di idrogeno low carbon, con obiettivi di produzione al 2030 rispettivamente di 2,7 e 1,4 MtonH2/anno. Parallelamente, Paesi extra-UE come USA e Australia mirano a diventare protagonisti globali della filiera dell’idrogeno nel medio-lungo periodo, adottando politiche espansive.
“Nonostante gli ingenti investimenti per l’idrogeno previsti dal PNRR (3,6 miliardi di euro già assegnati al 63%, in controtendenza rispetto ad altri ambiti) il nostro Paese non si è ancora dato una chiara strategia nazionale - conferma Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy - con il rischio di perdere la visione di insieme e non gettare le basi per lo sviluppo del mercato, disorientando potenziali investitori”.
“C’è bisogno di un contesto normativo coerente e di sistemi di supporto e di incentivazione che vadano di pari passo con il progresso delle tecnologie lungo tutta la catena del valore, dalla produzione all’utilizzo finale, passando per il trasporto e lo stoccaggio, in modo da ridurre i costi, al momento piuttosto elevati - incalza Vittorio Chiesa, direttore dell’E&S -. Ma ci sono ancora spazi per essere competitivi, la sfida è aperta, purché non si perda altro tempo”.