Il mix dei fattori bellici, ambientali e speculativi sta evidenziando le contraddizioni del sistema energetico europeo. Scenari rialzisti per i prezzi. Articolo a cura di Pierpaolo Signorelli.
A dispetto dell’ultimo biennio, nel quale l’Europa era stata provvidenzialmente “graziata” dalla mitezza degli inverni in contemporanea al conflitto bellico russo–ucraino, quest’anno le temperature sono scese considerevolmente coinvolgendo tanti paesi, dal Regno Unito alla Romania, dalla Germania all’Ungheria. Inevitabilmente, vista anche la sua ecletticità, si fatto largo uso di gas prelevandolo dagli stoccaggi. Secondo i dati della piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage che indica ogni giorno i livelli di riempimento, si segnala una disponibilità di circa il 70% contro l’86% dello scorso anno.
Di per sé non sarebbe un fatto drammatico, sia perché un simile brusco svuotamento si è già verificato in passato, sia perché, proprio poco prima dello scoppio del conflitto, si era scesi a livelli intorno 50% dell’immagazzinamento, quindi molto al di sotto rispetto la quota attuale. Ma le cose sono cambiate e la questione potrebbe rivelarsi molto seria per il combinato disposto dell’insieme dei fattori che, tutti assieme, concorrono verso la crisi. Per prima cosa l’interruzione totale delle forniture russe, per una durata ignota, che ad un approvvigionamento diretto anche in forma ridotta. L’Ucraina, anche in vista delle future negoziazioni, ha deciso di bloccare il passaggio dei flussi gas, ponendo così un sigillo politico su una questione che nasceva come di tipo commerciale. Su questo scenario s’innesta – seconda concausa – la speculazione, sempre in agguato, che spinge al rialzo i prezzi dei contratti a futura consegna perché si reputa più difficile e costoso l’approvvigionamento di gas. Infine, il rischio, ben possibile, di un colpo di coda dell’inverno a fine stagione, intorno ai primi di marzo, quando le riserve sono minime.
Come si comprende, la preoccupazione si concentra non tanto sulla sussistenza delle forniture, complessivamente ancora ben assestante per il ridotto consumo dell’industria europea che sta soffrendo del crollo delle vendite automobilistiche, quanto piuttosto sull’innalzamento dei prezzi. Se infatti non si sblocca la questione russa, il rifornimento di gas per la prossima stagione sarà più complicato se gli stoccaggi saranno a livelli molto bassi. E tale ulteriore fattore spinge ancor di più a rialzo i prezzi già da oggi. Inoltre, nonostante la profusione di investimenti nelle rinnovabili, queste mostrano tutti i loro limiti produttivi nei mesi invernali e, ad oggi, non sono ancora in grado di contenere i prezzi dell’energia.
Un simile scenario si riflette anche in Italia che presenta delle buone condizioni di sicurezza, pur avendo gli stoccaggi al 77,9% della capienza, poco più di un punto e mezzo in meno rispetto lo scorso anno. Malgrado ciò il prezzo dell’energia, che viene calcolato sul gas e questo a sua volta viene prezzato sul TTF olandese, registra al PUN andamenti molto elevati intorno a 150 – 160 euro a MW/h a dispetto del fatto che sia divenuto operativo, proprio dal 1° gennaio di quest’anno, il nuovo meccanismo zonale di valorizzazione dei prezzi in borsa.
Da notare che quanto indicato non ha una prospettiva deterministica, ossia non necessariamente i prezzi dovranno salire - sebbene vi siano tutte le condizioni perché le spinte rialziste si affermino – ma è altresì possibile che si realizzino eventi di controtendenza capaci di mitigare gli effetti, come ad esempio un inverno nuovamente mite, ovvero dei fruttuosi trattati di pace. Oggi, però, la speculazione scommette sulla crisi.
Il fatto è che il “caro energia” e gli andamenti instabili dei prezzi creano un triplice problema per l’economia italiana e le sue aziende: in primis, evidentemente, si importa inflazione che si riverbera successivamente su tutte le filiere. Di poi, si distorcono le propensioni all’acquisto dei consumatori e quelle degli investimenti aziendali. Infine, si accresce l’impegno finanziario sul nuovo debito pubblico con l’aumento dei tassi d’interesse che lo Stato deve sostenere. In particolare sono le aziende energivore e manifatturiere in genere che chiedono un contenimento del livello dei prezzi ed una loro stabilità, in modo da progettare adeguatamente l’attività di produzione.
Il problema è che sui prezzi dell’energia si vanno a scaricare tutte le problematicità delle dinamiche presenti e passate del settore energetico italiano, sintetizzabili nelle seguenti macro aree: mancanza di una pluralità nelle fonti di generazione elettrica ed elevata dipendenza dell’import gasifero; inadeguatezza delle infrastrutture di gas (stoccaggi a terra e off-shore); mancato disaccoppiamento nella formulazione del prezzo di borsa dell’energia elettrica dal prezzo gas; bassa concorrenza fra i grandi player del settore, con i primi 4 o 5 operatori che si contendono nell’elettrico i ¾ del mercato (nel gas va anche peggio).
Non essendo stati sciolti questi vecchi nodi, quando si verifica una crisi – e quella della guerra russo-ucraina è di proporzioni storiche – è inevitabile che si scontino le tensioni sui prezzi, peraltro alimentate dalla speculazione. Il confronto con le vicine Spagna o Francia è impietoso: i cittadini d’oltralpe pagano orientativamente la metà del consumatore medio italiano.
Non casualmente il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Pichetto Fratin, incontrerà fra una decina di giorni gli omologhi di Germania e Austria al fine di promuovere un accordo strategico sull’energia per calmierarne il prezzo e supportare l’industria manifatturiera, altamente integrata fra i tre paesi.
In quest’ottica l’Italia si propone come hub dell’energia in quanto sarà realizzato il reverse flow del gas verso il centro-est dell’Europa, che non saranno, almeno nel prossimo futuro, riforniti dalla Russia. Questa soluzione potrebbe aprire scenari molto interessanti al fine di potenziare l’infrastruttura e l’integrazione delle dotazioni gasifere italiane ed europee: un piccolo spiraglio di luce su di un panorama, per l’incipiente 2025, affollato da fosche nuvole speculative.