Quando si parla della transizione energetica nella mobilità “è importante conservare un approccio “laico” scevro di interessi di parte che tenga conto del vero grande obiettivo che ci vede tutti coesi ossia quello della neutralità carbonica nel 2050”. Quindi in questo periodo di passaggio è necessario “favorire tutte quelle tecnologie che si adopereranno per ridurre sensibilmente le emissioni di CO2”. In questo quadro “la capillarità delle infrastrutture è la conditio sine qua non per agevolare la transizione energetica nella mobilità”.
Da questo ragionamento si snoda tutta l’intervista rilasciata a BFWE da Lorenzo Valente, Urban Mobility Expert, professore e consulente sui temi della transizione energetica presso Università e aziende (tra cui la facoltà di Ingegneria di Tor Vergata a Roma).
Valente fa poi il punto sulla situazione geopolitico mondiale, partendo dai nuovi obiettivi europei per arrivare alle politiche e i mercati di Paesi come Giappone, Stati Uniti e Cina. Il tutto con l’auspicio di “uscire dalle logiche di nazione, per abbracciare delle logiche che riguardano l’intero pianeta”.
In occasione del Primo Forum Fuels Mobility - “Trasporti: tra ambiente e sicurezza” promosso da BFWE - BolognaFiere Water&Energy, è emerso da tutti i relatori che ormai il futuro è multi-energia, ossia servono più tecnologie e vettori integrati per riuscire a decarbonizzare il settore della mobilità. Come si coniuga nella realtà questo concetto?
È sempre più evidente di come si debba avere una visione d’insieme quando si parla della transizione energetica nella mobilità, ancorarsi a posizioni rigide verso una determinata tecnologia, rischia di non farci cogliere tutte le opportunità che potrebbero delinearsi nel prossimo futuro.
È importante conservare un approccio “laico” scevro di interessi di parte che tenga conto del vero grande obiettivo che ci vede tutti coesi ossia quello della neutralità carbonica nel 2050.
Sono ottimista da questo punto di vista, anche i membri dell’attuale governo come il ministro Pichetto Fratin si sono espressi sul tema affermando che "stiamo promuovendo anche le possibili alternative all’elettrico, puntando sui biocarburanti e sul biometano, che stiamo difendendo in Europa perché crediamo che possano rappresentare il futuro dei motori a combustione".
Sarà imprescindibile in questo periodo di passaggio favorire tutte quelle tecnologie che si adopereranno per ridurre sensibilmente le emissioni di CO2, il governo e l’autorità legislativa dovranno sostenere pertanto quegli imprenditori che decideranno di investire nella decarbonizzazione attraverso misure di sostegno che favoriscano lo sviluppo e l’innovazione della filiera.
Le società vanno quindi verso l’integrazione e la “miscelazione” dei vari vettori: Gpl, Gnl, biometano, e-fuels, biocarburanti, idrogeno, elettrico. Può raccontarci qualche progetto/sperimentazione di accoppiamento tecnologico?
Lo scenario in questo momento è molto dinamico e si ha sempre più bisogno di un approccio sistemico in grado di favorire esempi virtuosi di economia circolare.
Pensiamo ad esempio ai nostri materiali di scarto come i rifiuti, oggi in molti contesti rappresentano un costo (di tipo energetico ed economico) da affrontare per lo smaltimento.
Da molti anni, il mondo della ricerca viceversa intende la materia organica contenuta nelle acque reflue e nei rifiuti come a una delle risorse indispensabili per la sostenibilità della nostra vita su questo pianeta.
Proprio di recente in Puglia è stato inaugurato il primo impianto di digestione anaerobica per la produzione di biometano, il cui primo metro è stato immesso nella rete Snam.
L’impianto sarà in grado di produrre 1,9 milioni di metri cubi all’anno, “il che permetterà una riduzione di emissioni di CO2 in atmosfera di circa 3700 tonnellate l’anno”, segnala la stessa Regione Puglia che ha sostenuto la realizzazione dell’impianto.
Sempre di recente è stato presentato in provincia di Milano, l’impianto di Sorgenia per la produzione di biometano che combina diverse tecnologie per la produzione rinnovabile – biodigestione, biomasse e fotovoltaico – e la valorizzazione di tutti i materiali introdotti, la centrale trasformerà 35mila tonnellate annue di frazione organica urbana e altri materiali biodegradabili in circa 4 milioni di metri cubi di biometano in forma gassosa, direttamente immesso nella rete nazionale gestita da Snam.
L’Italia punta molto sul biometano: il PNRR stanzia quasi 2 miliardi. Si stima una forte crescita di questa fonte rinnovabile, che richiede però un processo produttivo di elevata qualità
Nella mobilità è però fondamentale l’adeguamento infrastrutturale. Quali sono i numeri su questo fronte? Come devono cambiare il territorio e le stazioni di servizio per permettere una maggiore capillarità delle stazioni di ricarica?
Direi che la capillarità delle infrastrutture è la conditio sine qua non per agevolare la transizione energetica nella mobilità.
I dati però sono incoraggianti In Italia, a fine marzo 2023, abbiamo toccato quota 41.173 punti di ricarica per auto elettriche, 22.107 colonnine e 15.262 location. Da sottolineare poi che, in due anni, i punti di ricarica sono più che raddoppiati, rispetto ai 20.757 del 2021.
Parlando di distribuzione geografica, il 57% circa delle infrastrutture è distribuito nel Nord Italia, il 22% nel Centro e solo il 21% nel Sud e nelle Isole. Guardando alle singole Regioni, la Lombardia è la più virtuosa di tutto, perché possiede da sola il 16% delle installazioni (6.661). Seguono, nell’ordine: Piemonte, Veneto e Lazio (11%), Emilia-Romagna (9%) e Toscana (7%).
Queste sei Regioni coprono complessivamente il 62% del totale.
Questo ci porta a ritenere che serve più omogeneità per non lasciare indietro le regioni del mezzogiorno.
Per quel che concerne l’idrogeno, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato recentemente la lista dei 36 progetti finanziati per la costruzione di nuove stazioni di rifornimento ad idrogeno. Questo rappresenta un importante passo in avanti per la promozione dell’uso di questa tecnologia di alimentazione. Il finanziamento pubblico è pari a circa 103,5 milioni di euro, che fa parte del totale di 230 milioni di euro destinati alla creazione della rete nazionale di rifornimento ad idrogeno entro il 2026 finanziati grazie al PNRR.
Un aspetto fondamentale delle nuove stazioni di rifornimento ad idrogeno, che copriranno sia i veicoli privati che i veicoli commerciali pesanti e leggeri, è che i finanziamenti saranno concessi solo a patto che l’idrogeno prodotto ed erogato sia verde, cioè prodotto tramite elettrolisi con l’ausilio di energia elettrica rinnovabile per l’intera durata della concessione. L’obiettivo è quello di contribuire alla decarbonizzazione del sistema italiano e allo sviluppo di una filiera di grande importanza per l’economia della transizione ecologica e per la creazione di nuovi posti di lavoro.
In conclusione, al di là di quella che sarà l’alimentazione più diffusa nel nuovo scenario che si andrà a determinare durante la transizione energetica sarà fondamentale non ostacolare nessun progetto che si muova nella direttrice dell’obiettivo della neutralità carbonica del 2050.
L’obiettivo della decarbonizzazione non è un’opzione: è l’unica via per avere un domani vivibile.
Altro ostacolo per un vero decollo ai veicoli elettrici o a idrogeno sono il prezzo ancora molto alto, inaccessibile a molti. In prospettiva come andrà il mercato?
L’arrivo in grande stile sul Mercato dei produttori cinesi porterà ad una riduzione consistente dell’entry price di accesso al prodotto elettrico. Sarà sufficiente?
Se accompagnato da politiche di sostegno che incoraggiano il rinnovo dell’attuale parco circolante sicuramente il processo di transizione subirà una forte accelerazione, viceversa sconteremo un ritardo già evidente rispetto ai principali mercati europei.
D L’Unione Europea si è impegnata a garantire che tutte le nuove auto immatricolate in Europa siano a zero emissioni dal 2035. Pensa sia una misura realistica? Se le normative Ue si applicano solo in Europa e non in altri Paesi si registrerà una perdita di competitività delle società europee?
Usciamo da un grande equivoco, l’obiettivo dell’UE è stato recepito anche da altri mercati come il Giappone e gli Stati Uniti, sarebbe auspicabile che si uscisse dalle logiche di nazione, per abbracciare delle logiche che riguardano l’intero pianeta.
Entro il 2050 dobbiamo contenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5C°, per evitare effetti catastrofici sul fronte dei cambiamenti climatici, quello che è successo in Italia nelle ultime settimane dovrebbe darci la misura di quanto certi temi non siano più procrastinabili ed è indispensabile dunque sensibilizzare l’opinione pubblica per monitorare l’effettiva applicazione delle buone pratiche della sostenibilità nel nostro quotidiano.
Che ruolo hanno e avranno Usa e Cina nel mercato della mobilità sostenibilità? Quali sono i nuovi equilibri geo-politici?
La Cina per quel che concerne i veicoli BEV (full electric) gode di un vantaggio competitivo piuttosto evidente. Sono diversi anni che hanno spostato il baricentro degli investimenti strategici verso questa tecnologia, ed oggi la sua leadership è chiara e solida; ci vorranno anni se non decenni prima che l’Europa e gli Stati Uniti arrivino a colmare o quantomeno a ridurre questo gap.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo legati ad esempio all’individuazione di nuovi materiali per realizzare le batterie (come ad esempio quelle allo stato solido) costituiscono un’ottima riposta per arginare questa posizione dominante; l’auspicio è quello di individuare delle soluzioni alternative che vadano ad insidiare l’attuale scenario competitivo senza pregiudicare le prestazioni che si sono raggiunte.
In Italia in particolare come impatterà l’industria cinese sul mercato automotive?
Attualmente non è ancora arrivata l’onda d’urto dei nuovi brand cinesi, ma è solo quesitone di tempo.
In Italia assisteremo ad una polverizzazione del Mercato, vinceranno quei brand che riusciranno a coniugare efficacemente prestazioni, posizionamento, affidabilità del prodotto e flessibilità nell’offerta.
I Brand che resteranno ancorati alle vecchie logiche saranno destinati a perdere le loro storiche posizioni di leadership a vantaggio di quei marchi che andranno ad interpretare correttamente i nuovi bisogni dei consumatori, sempre più attenti alle tematiche legate alla sostenibilità e alle emissioni inquinanti.
Per riuscire in questo i marchi europei dovranno cambiare il paradigma, riformattare i vecchi business model e impostare strategie in grado di adattarsi velocemente alle richieste che il Mercato andrà ad esprimere.