Articolo a cura di Stefano da Empoli Presidente Istituto per la Competitività (I-Com) Cristina Orlando Research Fellow Istituto per la Competitività (I-Com)
Da alcuni anni a questa parte, il comparto delle utility è stato uno dei settori industriali interessato dai maggiori cambiamenti. Il Recovery and Resilience Facility (RRF) e l’accelerazione sul Green Deal Europeo hanno stimolato l’adozione di modifiche regolamentari, mentre la crisi dei prezzi dell’energia e i cambiamenti climatici, i cui effetti si sono ripercossi su famiglie e imprese, hanno poi contribuito a destabilizzare settori già in fermento, imponendo un ripensamento nelle scelte di operatori e consumatori industriali, domestici e PMI. In questo panorama, spesso passa in sordina il ruolo vitale del servizio idrico e la stringente necessità di renderlo più sostenibile ed efficiente, in un momento delicato come quello che sta vivendo attualmente.
All’aumentare degli usi della risorsa idrica è aumentata la concorrenza tra gli stessi, visto anche che oggi difficilmente l’acqua può essere considerata un bene economico abbondante, alla stregua di sole e vento, e debba semmai essere annoverata fra i beni scarsi, anche in zone dove è sempre stata copiosamente disponibile. Esemplari sono i dati sui livelli di precipitazioni nevose nel nostro Paese: nella stagione 2022-2023, solo in Piemonte, si è verificata una carenza significativa (la terza più critica degli ultimi 60 anni) negli accumuli di neve fresca registrati da novembre a maggio, con valori di deficit rispetto alla media del periodo pari a circa il -45% nei settori alpini della regione (fonte: AINEVA, 2023).
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