L'INTERVENTO. I-Com: l’IoT per l’efficienza energetica delle imprese

06 ott 2023
E' online l'edizione 2023 di GasAgenda, l'annuario di informazione tecnico commerciale per gli operatori dell'industria italiana del gas. Di seguito l'intervento congiunto di Cristina Orlando, Research Fellow Istituto per la Competitività (I-Com), Antonio Sileo, Direttore Area Sostenibilità I-Com, Angela Zanoni, Research Fellow I-Com.

Nell’attuale, ineluttabile, spinta all’efficientamento energetico e alla decarbonizzazione dei consumi, un ruolo non trascurabile è quello che può e potrà essere svolto dalle applicazioni IoT.  Neologismo che ormai ha superato i confini tecnici delle telecomunicazioni e dell’informatica per descrivere la  connessione di oggetti fisici, come dispositivi elettronici, veicoli e sensori, tra loro e alla rete Internet, così da creare un ecosistema interconnesso e intelligente.

Utile dunque valutare, da un lato, l’effettivo impatto dei dispositivi sulla domanda di energia, dall’altro, le potenzialità di penetrazione della tecnologia IoT nel mercato italiano, almeno lato imprese.

Tra inizio 2018 e dicembre 2022, l'IoT è stato menzionato 78.809 volte nei documenti aziendali delle imprese europee, con un picco di 18.444 menzioni di temi correlati nel 2021.

A portare l’IoT a guadagnare spazio nelle strategie aziendali sono stati i piani Industria 4.0 (I40) che hanno preso piede nel continente a partire dal decennio scorso. Il principio guida dell’I40 è quello di favorire una maggiore produttività tramite l’automazione dei processi, migliorando così la performance economica delle imprese e, su scala macro, la competitività dei paesi occidentali rispetto ai produttori a basso costo attivi sui mercati globali. In Italia, la spinta è arrivata dal Piano Nazionale Industria 4.0, introdotto il 21 settembre 2016 dall’allora Ministero dello Sviluppo economico, e poi dal Piano Transizione 4.0 del 2020. Il piano Transizione 4.0 è finanziato dalla M1C2 del PNRR -Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, con oltre 13 miliardi di euro, (a cui si aggiungono 5 miliardi di euro del Piano nazionale complementare). Nel dicembre 2021, è stato lanciato il Fondo nazionale per l'intelligenza artificiale, l’IoT e la blockchain, con una dotazione iniziale di 45 milioni di euro.

Gli interventi messi in atto negli ultimi anni hanno certamente incoraggiato la penetrazione delle tecnologie IoT tra le imprese italiane, anche se queste non hanno ancora raggiunto un utilizzo pervasivo. Le stime Anitec-Assinform sono concordi con uno scenario di domanda in espansione poiché prevedono un mercato in crescita per i dispositivi interconnessi, in particolare per i sistemi ICT (11,8% di tasso di crescita media annua tra 2020 e 2024). I sistemi industriali dovrebbero aspettarsi una progressione significativa, seppure più contenuta (8,4% di TCMA 2020-2024).

Secondo dati Eurostat, solo l’1,3% delle imprese italiane attive nel settore di fornitura di elettricità, gas, vapore e aria condizionata, acqua, fognature, gestione dei rifiuti e attività di bonifica è ad alto grado di digitalizzazione.

Ciò nonostante, c’è un alto livello di adozione di tecnologie IoT proprio in questo settore, in cui il 46% fa uso di dispositivi IoT, un dato sensibilmente superiore agli altri settori (36,5% per il settore manufatturiero, 36% per le costruzioni, 28,6% per i servizi non finanziari).  Da notare anche il maggiore rapporto tra imprese che utilizzano almeno un dispositivo IoT e imprese che ne utilizzano due o più (il 73% delle imprese che utilizzano IoT hanno almeno due dispositivi, il 47% almeno tre). Digitalizzazione e impiego di IoT, dunque, non sempre combaciano.

La spiegazione della mancata sovrapposizione risiede nell’utilizzo che le imprese fanno dei dispositivi. In linea generale, la maggior parte delle aziende utilizza l’internet delle cose per funzioni legate a tematiche di sicurezza. Molte meno ricorrono all’IoT per ottimizzare logistica e processi di produzione o per essere assistiti nella manutenzione dei dispositivi presenti in azienda. L’impiego dell’IoT per il contenimento dei consumi energetici dell’impresa risulta ancora una voce residuale: solo il 27,6% delle imprese ne fa uso (come da indagine Istat).

L’eterogeneità settoriale nell’uso (e nel tipo di uso) dei dispositivi IoT è legata a doppio filo alla dimensione d’impresa. I dati contenuti nella Figura 2 supportano l’esistenza di questa relazione: si mostra infatti che il tasso di adozione di dispositivi cresce in percentuale con l’aumento del numero di dipendenti. Il nesso è intuibile in virtù delle maggiori necessità di controllo, ottimizzazione e automazione delle imprese di più grandi dimensioni. Ad ogni modo, è opportuno sottolineare alcune eccezioni alla regola generale: nel caso delle funzionalità di servizio clienti, ad esempio, la classe di addetti 10-49 registra un tasso di adozione pari al 17,2%, secondo solo alla classe 250 e più. Relativamente alla funzione di sicurezza, le imprese di piccole dimensioni fanno uso di dispositivi IoT tanto quanto quelle di grandi dimensioni, anche se meno delle altre classi di addetti.

Tenere a mente la natura del tessuto industriale italiano, composto per la stragrande maggioranza da piccole e piccolissime imprese, è imprescindibile per comprendere esiti e possibilità delle politiche I40 nel nostro Paese.

 In relazione alle applicazioni IoT, è legittimo affermare che il loro potenziale di efficientamento energetico resti perlopiù inesplorato. Il risultato è che la diffusione dei dispositivi non si accompagna necessariamente a un più razionale uso dell’energia. Al contrario, viene da chiedersi se la diffusione dell’IoT non stia piuttosto spostando la domanda di energia su un diverso piano, in linea con la tendenza all’elettrificazione dei consumi tipica del nostro tempo.

Il processo di elettrificazione, infatti, assume colorazioni più o meno intense a livello di settore. Ad esempio, la quota di elettricità sui consumi finali del settore servizi era del 45,6% nel 2020, la percentuale più alta tra i principali settori economici, ma mantiene un andamento decrescente ormai dal 2017. L’industria, al contrario, mostra un tasso di elettrificazione dei consumi finali in crescita continuativa a partire dal 1990, arrivando nel 2020 al 42,3% dei consumi finali. Analogamente, il settore dell’agricoltura e pesca presenta un continuo incremento della quota di consumi elettrici, raggiungendo il 18,3% nel 2020.

Al di là dei conclamati effetti sulla produttività, è possibile formulare una riflessione anche sulle conseguenze che l’automazione agricola ha avuto sui consumi energetici del settore. Tra l’inizio del millennio e il 2014, il settore agricoltura e pesca ha conosciuto un andamento decrescente di intensità energetica. L’inversione di tendenza è avvenuta nel 2015 e da allora l’intensità energetica è cresciuta del 6,9%.

La tendenza registrata dal settore primario non è dissimile da quanto sperimentato da altri settori; i servizi in particolare. Il grafico in Figura 3 supporta l’analisi fin sin qui svolta: fintanto che le apparecchiature digitali vengono usate per ottimizzare i processi produttivi, gli effetti sui consumi energetici saranno, con tutta probabilità, positivi. D’altro canto, questa spinta positiva è intaccata dall’utilizzo di dispositivi altamente interconnessi (e, quindi, dispendiosi in termini di informazioni ed energia) per altre mansioni: in questo caso, i dispositivi in sé possono contribuire a incrementare i consumi.

Crediamo, in conclusione, che si possa affermare che l’Italia non sia stata in grado di cogliere appieno le potenzialità di efficientamento portate dalla digitalizzazione I40, quantomeno sul lato imprese. Nel guardare al futuro, avere contezza delle ultime innovazioni in quanto all’uso dell’IoT per la riduzione dei consumi energetici permette di scorgere le direttrici di sviluppo da non mancare, affinché tali potenzialità vengano svolte.

Innanzitutto, i mercati mondiali si stanno equipaggiando per far fronte all’attesa persistente crescita di domanda di dispositivi di efficientamento energetico. Gli investimenti di venture capital in start-up che operano nel campo dell'efficienza energetica e della flessibilità della domanda e che presentano modelli di business nuovi o innovativi sono in aumento: nel mondo, gli investimenti hanno raggiunto i 900 milioni di dollari nel 2020, ovvero il 20% in più rispetto al 2019 e il triplo del livello di finanziamento del 2016.

Questo genere di innovazioni intercetta spesso il tema dell’energy as a service (EaaS), ovvero un nuovo paradigma di consumo in cui il cliente paga un abbonamento per la fornitura dei servizi di efficientamento energetico, anziché sottoscrivere un contratto di performance. A differenza di quest’ultima modalità, in un rapporto EaaS i costi iniziali - ad esempio l'installazione di apparecchiature di sensoristica intelligente per il monitoraggio e il controllo delle prestazioni energetiche - i rischi legati alla proprietà e le spese di manutenzione sono assunti dai fornitori di servizi anziché dagli utenti finali.

Nel 2020, i fornitori di EaaS sono stati i beneficiari di circa la metà di tutti i finanziamenti venture capital del settore. È la prova di un grande interesse nei confronti dell’IoT quale fattore abilitante dell’efficientamento energetico; tanto da far emergere agenti di mercato che ne fanno il loro core business.

Al contempo, si fa largo la consapevolezza che anche la tecnologia IoT in sé e per sé dovrà integrare questioni di efficientamento energetico nei propri algoritmi. In questo senso, il margine di miglioramento è ancora tutto da esplorare. Nel 2014, uno studio congiunto tra il CREATE-NET di Trento e il Technical Research Centre finlandese di Oulu, ha dimostrato che solo modificando l’algoritmo di compressione dei dati raccolti da diversi tipi di dispositivi IoT sarebbe possibile risparmiare fino al 48% di energia. Contributi di questo tipo danno vita a un nuovo approccio tecnologico, il Green IoT, improntato su considerazioni di sostenibilità ambientale ed economicità del dato: la ricetta per l’automazione e l’interconnessione in linea con i principi della transizione gemella, quella digitale.

(Per gli altri interventi pubblicati su GasAgenda:  https://www.watergas.it/it/Gasagenda)