L’INTERVENTO. Il punto di ANBI sulla crisi climatica ed il rischio idrogeologico  

13 nov 2023
Articolo per Watergas di Fabrizio Stelluto, Responsabile Ufficio Comunicazione ANBI: 858 progetti per un investimento complessivo di oltre 4 miliardi capaci di attivare oltre 21.000 posti di lavoro, per l’efficientamento della rete idraulica.

L’alluvione di Toscana obbliga ad alcune riflessioni, cui devono corrispondere urgenti risposte nella drammatica corsa ad handicap contro la crisi climatica. La prima è che si stanno riducendo, con velocità imprevista, i tempi di ritorno per eventi catastrofici lungo la Penisola: in circa un anno si sono registrati tragici eventi di origine naturale sulle Dolomiti, ad Ischia, nella Marche, in Emilia Romagna ed ora in Valdarno, oltre naturalmente a numerosi episodi minori (si fa per dire, viste comunque le pesanti conseguenze sulla vita delle persone).

Firenze, stavolta, è stata “salvata” dalla piena, grazie all’invaso del Bilancino costruito, non senza polemiche, a difesa proprio della città; contestualmente, però, altri bacini e casse di espansione sul territorio sono stati letteralmente colmati dalla grande quantità di pioggia caduta, superiore a quella dell’alluvione del 1966: è l’evidente dimostrazione dell’inadeguatezza della rete idraulica, efficiente ma tarata in altra epoca, di fronte alla sempre più acuta estremizzazione degli eventi atmosferici, ormai assimilabili a fenomeni tropicali.

I Consorzi di bonifica, gestori degli oltre 220.000 chilometri della rete idraulica minore e forti di una diretta esperienza quotidiana, segnalano da tempo l’emergenza, cui è seguita, nel 2019, la presentazione del Piano ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) per l’efficientamento della rete idraulica.

La proposta è articolata in tre grandi aree di intervento: opere di manutenzione straordinaria (729 progetti), pulizia di bacini in esercizio (90 progetti), completamento di opere incomplete (16 progetti) e realizzazione di nuovi invasi (23 progetti): in tutto, 858 progetti perlopiù definitivi ed esecutivi, per un investimento complessivo di oltre 4 miliardi (€ 4.339.137.530, 17) capaci di attivare oltre 21.000 posti di lavoro.

Per quanto riguarda le opere di manutenzione straordinaria, la suddivisione per macroaree, vede il maggior numero di progetti nel Centro Italia (266), ma la maggiore necessità di investimento al Nord (€1.288.827.970,80 per un’occupazione stimata in 6.444 unità). Se, invece, guardiamo la condizione dei bacini esistenti, si osserva che circa il 10% della loro capacità è occupata non da acqua, ma dal sedime depositato sul fondo e mai asportato. Tale operazione, indicata dall’ANBI per 90 serbatoi, prevede una spesa di circa 291 milioni di euro per estrarre oltre 72 milioni di metri cubi di detriti, dando occupazione a 1453 unità lavorative: la situazione più grave si evidenzia nel Sud Italia, dove sono ben 45 i laghi artificiali, bisognosi di una profonda pulizia.

E’ sempre il Meridione, ma alla pari con il Centro Italia, a vantare il record dei bacini incompleti: sono 6 a testa e l’investimento complessivo previsto per efficientare le opere è di circa 435 milioni di euro. Il maggior bisogno di nuovi invasi, invece, si registra nelle regioni settentrionali, dove se ne prevedono 13 (capacità complessiva: mc. 58.323.000) per un investimento di circa 477 milioni di euro capaci di attivare 2385 posti di lavoro. Morale: da anni è nota la debolezza strutturale soprattutto nel Nord del Paese, dove evenienze meteo hanno in pochi mesi creato enormi danni alle economie di due fra le maggiori regioni.

In questi anni qualcosa è stato fatto, ma continua a mancare una scelta strategica della politica con allocazione di finanziamenti certi e pluriennali, consapevoli che senza sicurezza idrogeologica non può esserci alcuna prospettiva di sviluppo e senza disponibilità idrica non c’è l’eccellenza del “made in Italy” agroalimentare.

A corollario di questa situazione di debolezza strutturale c’è la lunghezza degli iter realizzativi, messa ora in cruda evidenza dall’impossibilità di utilizzare pienamente i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dove, per altro, i Consorzi di bonifica ed irrigazione sono esempio di virtuosa efficienza; metterci mediamente 11 anni per realizzare un’opera pubblica è un tempo insostenibile sempre, ma soprattutto di fronte alla sorprendente velocità del cambiamento climatico: così rimanendo, si inaugureranno opere già vecchie ancora prima di entrare in esercizio.