Intervista ad Andrea Ferrara, Chief Development Officer di Fri-El Geo.
Servono soluzioni incentivanti, perchè “ogni impianto costa intorno ai 240-250 milioni e non si può pensare di non incentivare questa tecnologia”. Servono poi un fondo “paracadute” - cioè un fondo di mitigazione del rischio per il primo pozzo esplorativo se non si dovessero trovare le risorse adeguate - e un aggiornamento delle normative e del PNIEC. Infine, ma non ultimo, è necessario “parlare con i cittadini e con le amministrazioni locali” per rassicurare le comunità locali sul fatto che “non c'è pericolo assoluto di sismi nel territorio dove si perfora”.
È questa la ricetta di Andrea Ferrara, Chief Development Officer di Fri-El Geo, per far decollare il settore della geotermia in Italia ed equipararci così agli altri Paesi europei. Perché, dice Ferrara in questa intervista rilasciata a Watergas, “aziende e fondi Europei e anche in Asiatici, vorrebbero investire in Italia ma stanno aspettano la normativa e quindi le relative misure incentivanti”.
Intanto, fa sapere Ferrara, al ministero si è insediato il tavolo per discutere di come sviluppare il settore.
Fri-El Geo ha identificato oltre 100 possibili installazioni geotermiche nel solo bacino della Pianura Padana. Allargando la mappa in Italia quanti sono i potenziali progetti che potrebbero essere sviluppati?
Sono molti. L'Italia è infatti un territorio vocato alla geotermia perché nel sottosuolo abbiamo una formazione terrestre, con fratture e molti carbonati, che aiuta questo tipo di fonte energetica. Ad oggi la Toscana è la principale Regione che produce geotermia con l’impianto di Larderello, in provincia di Pisa, che è uno dei centri della geotermia mondiale e funziona da 40 anni.
Ma anche nel Lazio, in Campania, in Sicilia esiste la possibilità di realizzare impianti geotermici a media ed alta entalpia, ma bisogna approfondire ancora gli studi del sottosuolo, magari con l’aiuto di INGV e CNR. Quanto alla Pianura Padana, il vantaggio è che questi 100 siti, il nostro progetto Pangea, sono stati studiati nell’ambito del piano Mattei di 60 anni fa quando perforarono per cercare il petrolio e il gas.
Quindi ci sono Regioni più adatte a fare questi tipi di progetti e altre meno?
Sì, ci sono. Bisogna di volta in volta fare gli approfondimenti tecnici e geologici perché non si può andare in territori dove esistono dei problemi. Pensiamo ad esempio ai campi flegrei dove il bradisismo complica ovviamente la situazione. Però in generale tutta l'Italia è un ottimo territorio dove operare con la geotermia.
A parte l’ottimo territorio, quanto a tecnologie l'Italia come si posiziona?
In Italia ci sono player nazionali come Eni e Enel che sono degli ottimi operatori e infatti lavorano in tutto il mondo. In questo campo siamo avvantaggiati perchè le tecnologie sono simili a quelle dell’oil&gas.
Dunque il nostro paese ha un grande potenziale, secondo i dati Enel potremmo arrivare anche a 116.000 TWh. Tuttavia questo potenziale non è sfruttato. Perché, quali sono gli ostacoli?
Il problema è che abbiamo equiparato in questi ultimi 25 anni la geotermia al nucleare, in termini di pericolosità. Il ragionamento è stato il seguente: il nucleare produce scorie radioattive, la geotermia provoca sismi. Ma ribadisco, la geotermia non provoca sismi, soprattutto la subsidenza non esiste soprattutto sulla media entalpia, come ci posizioniamo noi, fra i 90 e i 150 gradi con una profondità di circa 5-6 mila metri. Quindi non c'è pericolo assoluto di sismi nel territorio dove andiamo a perforare.
Infatti questo è uno dei problemi, le comunità locali che spesso non accettano impianti vicini. Come si può superare questo ostacolo?
Parlando con i cittadini e con le amministrazioni locali. Noi abbiamo una policy che prevede di andare solo dove siamo ben accolti, dove i cittadini e le amministrazioni capiscono il potenziale. Quindi andiamo a spiegare esattamente qual è la tecnologia che adoperiamo, che cosa facciamo, condividendo dubbi e pensieri dei cittadini.
Immagino mettiate in risalto anche i benefici che può portare la geotermia, come ad esempio una riduzione delle tariffe o un’aria più pulita….
I benefici sono tanti. In primis l'abbassamento della CO2 e il fatto che i nostri impianti non emettono nessuna sostanza pericolosa o inquinante in atmosfera. Non ci saranno mai i gas di fumo che escono dai nostri impianti, perché il fluido geotermico esce e rientra, in un ciclo chiuso. Questo è importante soprattutto in Pianura Padana, dove l'inquinamento dato dal riscaldamento delle case è uno dei maggiori fattori impattanti.
Altro vantaggio, le bollette si abbassano perché una volta che un impianto è ammortizzato, la fonte calorifica diventa gratuita perché la fornisce la terra. Poi è vero, rimane la manutenzione dei sistemi e l’implementazione nel tempo delle reti che prevedono dei costi, che però saranno sempre inferiori a quelli di altre fonti, come ad esempio quello di importazione del gas.
Infine, la cosa ancora più importante: solo il riscaldamento tramite il fluido geotermico andrebbe ad alzare di due classi energetiche ogni singola abitazione, che sia singola o sia in condominio. Questo è un aspetto fondamentale se guadiamo alle direttive europee, come ad esempio la “Casa Green” che prevede che ogni cittadino adegui la propria abitazione con infissi termoresistenti e cappotti termici, con una spesa dai 10 ai 60 mila euro procapite a seconda dell’abitazione. Con la geotermia non sarebbe più una spesa necessaria.
Quindi come detto uno dei problemi è l'accettabilità sociale. Altri tipi di problemi? Come stiamo messi a normativa e incentivi? Cosa chiedete al Governo?
Noi da un anno discutiamo con il Governo, nella fattispecie con il Ministero dell'Ambiente e col Ministro stesso, perché la geotermia essendo stata bandita da troppo tempo non ha una normativa per il settore e quindi non ci sono incentivi.
Stiamo lavorando insieme al Ministero e al Governo per trovare delle situazioni incentivanti che non vogliamo per tutta la vita, ma che servano per favorire questa tecnologia. Ogni impianto costa intorno ai 240-250 milioni.
Inoltre, per la fase di autorizzativa per la Via l'operatore deve presentare degli studi estremamente approfonditi affinché non ci siano errori. Quindi noi chiediamo un fondo “paracadute”, cioè un fondo di mitigazione del rischio per il primo pozzo esplorativo: in caso la società non trovasse la risorsa potrebbe avere un rimborso tra il 70 e l’80 % del totale, mentre se la trovasse con una capacità non sufficiente per ottenere teleriscaldamento o energia elettrica, potrebbe avere una percentuale tra il 25 e il 35% di rimborso. Questo è il sistema già previsto in diversi paesi europei: Francia, Spagna, Polonia, Germania.
Altro problema, oggi in Italia gli incentivi sul termico non esistono per impianti di grande taratura. I nostri impianti sono grandi, ma occupano un ettaro e mezzo e possono alimentare 120 mila abitazioni ciascuno. C'è necessità di incentivare per 10-15 anni, come fu fatto 15 anni fa per le biomasse, per spingere l'utilizzo della geotermia per il teleriscaldamento. Oggi infatti chi fa geotermia la fa per produrre energia elettrica, che è comunque importante però così continuiamo a comprare il gas per avere riscaldamento e raffrescamento. Quindi bisogna bilanciare le due cose.
Quindi in sintesi, al Governo chiediamo chiarezza su questi tre punti: incentivi sull'elettrico, sul termico e un fondo di mitigazione del rischio. Questo per equipararci ai Paesi europei.
Intanto a luglio è stata prorogata di un anno la scadenza delle concessioni minerarie, per avviare nel frattempo un tavolo tecnico con i soggetti interessati sui possibili interventi di rilancio del settore. E’ stato avviato questo tavolo? Cosa ne pensa di questa decisione?
Sì è avviata una interlocuzione sul tema concessioni rispetto a vecchi decreti ministeriali che andavano in scadenza.
Ma c'è l'idea di prorogare ulteriormente queste concessioni?
Immagino che ci sia un'apertura, ma non abbiamo parlato in questo primo incontro e sicuramente ci saranno altre interlocuzioni col Ministero.
Ci vorrebbe una strategia nazionale sulla geotermia?
Secondo me non bisogna concentrarsi solo su una fonte, ma su tutte le fonti che possono contribuire alla decarbonizzazione al 2030, 2040 e 2050, ossia nel breve, medio e lungo termine. Il Ministero e il Governo devono proporre una strategia complessiva per arrivare alla neutralità al 2050, includendo geotermia, eolico, fotovoltaico, idrogeno etc. Questa è la strategia da presentare in Europa. A giugno deve esserci questo nel PNIEC.
Poi ci sarà il tempo dopo l'approvazione definitiva del PNIEC di pensare ai decreti attuativi. Già si è aperto qualcosa, ad esempio i certificati bianchi potranno essere utilizzati anche dalla geotermia per il teleriscaldamento.
Non chiediamo nulla ex novo, chiediamo solo aggiornamenti alla normativa. Non si può pensare ad esempio alla geotermia solo per un impianto da 1MW, bisogna aprire a tutti gli impianti.
Tornando al discorso degli altri Stati, qual è la situazione e l’Italia come si posiziona?
Non si posiziona bene. Tutti i dati dicono che l'Italia utilizza molto la geotermia perchè abbiamo Larderello in Toscana, che è immensa e produce una grande quantità di energia elettrica, ma non può bastare.
La Baviera è completamente alimentata da impianti di geotermia, tutta la parte serricola dell'Olanda (26 impianti) è alimentata da geotermia, la Francia ha in programma 20 impianti da realizzare prossimamente. La Germania ha dato priorità strategica alla geotermia.
Noi siamo sicuri che il presidente Meloni e tutto il Governo siano su questa linea, perché abbiamo bisogno anche della geotermia. Dobbiamo pensarci ed essere effettivi ora però, perché la geotermia si può implementare da subito. Solo con il nostro progetto Pangea abbiamo già 4-5 progetti pronti alla fase di autorizzativa, ma stiamo rallentando perchè non ci sono basi solide, con normative chiare e incentivi adeguati. Diverse aziende e fondi in Europa e in Asia vorrebbero investire in Italia, ma stanno aspettano questa normativa e le relative misure incentivanti. Una società come la nostra, se investe 100 milioni di equity, ha bisogno di certezze e garanzie, prima ancora del ritorno economico.
Intervista a cura di Elena Veronelli