Articolo di Pierpaolo Signorelli.
I dati emersi nella presentazione del rendiconto petrolifero 2024, la consueta riunione annuale dell’UNEM (Unione Energie per la Mobilità), rilevano come negli anni difficili del post Covid, condizionati dai diversi conflitti bellici e dalla modesta spinta cinese, il mercato mondiale dell’energia ha resistito piuttosto bene, senza segnare particolari impennate di prezzo, con un greggio che si attesta sui 70 – 80$ al barile.
Anche in Italia, nel corso del 2024 la domanda di energia è in linea coi livelli dello scorso anno (144,3 Mtep), ma significativamente meno del 8,7% rispetto al 2019, anno pre-Covid, principalmente per la decisa flessione del gas (-11Mtep). Al contrario il petrolio per il secondo anno consecutivo si conferma non solo in progressione, ma anche prima fonte energetica, chiaramente impiegata prevalentemente nella mobilità.
A fronte di ciò, le emissioni di CO2 relative alla domanda energetica nel periodo 2019-2024 si sono ridotte di un amplissimo 15%. Tale successo è il risultato composito di più fattori, alcuni anche di negativa controtendenza come il grave rallentamento dell’economia dovuto alla pandemia. Il grande assente in questa fase di complicata ripresa è evidentemente il gas, sceso sotto la soglia del 35%, sia per un calo della domanda dovuto a fattori climatici (la mitezza degli ultimi due inverni) sia, soprattutto per l’inarrestabile ascesa delle rinnovabili che segnano un +12% grazie soprattutto all’idroelettrico che marca un +35% (ben 20TWh) e il fotovoltaico (+31%) sospinto dagli immancabili generosi incentivi. Fra di esse vanno ricordati i biocarburanti, grande speranza per la mobilità italiana e per tutto il comparto della raffinazione.
“Quindi è un quadro composito, non lineare negli andamenti dei singoli comparti”, ha chiosato il presidente dell’UNEM Gianni Murano, “nel quale il settore petrolifero nel suo complesso, e l’Italia in particolare, ne emergono piuttosto stabili.” In effetti, se, com’è noto, in tutta Europa si sta registrando la grave crisi dell’automotive, in Italia le cose hanno andamenti meno drastici: siamo stati l’unico tra i principali Paesi europei ad evidenziare un aumento nelle vendite dei carburanti sia rispetto al 2019 che al 2023. I consumi petroliferi crescono (+1,7%), trainati dai prodotti per la mobilità che hanno rappresentato il 72% delle vendite totali: +5,8% delle benzine e +10,2% del carboturbo (per effetto della ripresa del turismo, primariamente lo scalo di Fiumicino), che hanno ampiamente superato i valori pre-pandemici.
Come mai questa dinamica in una situazione così complicata e con un settore automobilistico così stantio? Dai dati emersi dal rendiconto Unem, l’Italia è il secondo parco circolante della UE ed è terza per le nuove immatricolazioni. È anche uno dei Paesi con il più alto tasso di motorizzazione (69 auto per 100 abitanti) e dove il vettore elettrico rappresenta solo lo 0,5% del totale. Perciò l’automobile è ancora saldamente un “must”, un bene a cui non si vuole e, spesso, non si può rinunciare (al riguardo si tenga presente che i 2/3 della popolazione italiana vive in provincia e non nelle grandi città dove l’offerta del servizio pubblico è maggiore, come da censimento ISTAT 2021.) Le auto sono ancora ricercate e compravendute, ma non quelle elettriche, su cui Bruxelles ha voluto puntare tutto. Ma anche quelle nuove stentano, con l’eccezione delle ibride.
Il punto nodale – com’è stato sottolineato nella relazione – sta nella dinamica dei prezzi che, dopo la pandemia sono cresciuti ben più dell’inflazione, a sua volta arrivata a due cifre, rendendo l’acquisto di un veicolo nuovo difficilissimo per i magri bilanci familiari italiani, inchiodati a livelli di inizio secolo. Così, nelle dinamiche delle immatricolazioni auto del 2024 è scaturito una netta prevalenza del mercato dell’usato sul nuovo che invece è sceso a livelli inferiori del pre Covid (2019) con un pesantissimo -18%.
E l’usato, per canto suo, è caratterizzato per il 94% da motori tradizionali: diesel (45%), benzina (39%). Questo spiega l’andamento di crescita dei carburanti in Italia e, risultato ancor più sorprendente, senza segnare aumenti alle stazioni di riferimento.
Sempre secondo il rapporto UNEM, la flessione delle quotazioni internazionali sia del petrolio che del gas hanno avuto un impatto positivo sulla fattura energetica che nel 2024 si stima a 48,5 miliardi di euro, inferiore di 18,6 miliardi (-28%) rispetto al 2023. Oltre l’80% di questa riduzione è dovuto al minore esborso per gli approvvigionamenti di petrolio e gas. È diminuita anche la spesa per le importazioni di energia elettrica (-26%) e, soprattutto, quella per i combustibili solidi (-60%). Il peso sul Pil è attorno al 2,2% rispetto al 5,7% del 2022 quando superò i 144 miliardi di euro.
La dinamica ribassista dell’import – in piena crisi internazionale – si è riverberata positivamente sui prezzi dei carburanti alla pompa, che ad ottobre hanno toccato i minimi degli ultimi 24 mesi, consentendo nel 2024 un risparmio per gli automobilisti di circa 2,7 miliardi di euro verso l’anno passato, cioè 103 euro a famiglia. Questo effetto benefico è dovuto sicuramente anche all’alta competizione fra i diversi marchi che nella distribuzione carburanti sono saliti a oltre trecento, +33% dal 2019. Tuttavia la distribuzione territoriale registra una polverizzazione eccessiva con una non soddisfacente resa visto che il 20% circa ha un erogato inferiore ai 400.000 litri/anno di prodotto e solo il 3% ha erogati in linea con la media europea. Di conseguenza sono scesi i prezzi dei carburanti alla pompa che nel 2024 hanno toccato ad ottobre i minimi degli ultimi 24 mesi.
Nel complesso ne scaturisce una fattura petrolifera che nel 2024 si stima a 21,2 miliardi di euro, con un calo di 7,6 miliardi di euro (-26%), per effetto della riduzione delle importazioni di greggio e delle quotazioni internazionali. Il peso sul Pil è dell’1% rispetto all’1,6% del 2022.
L’elemento di maggior stupore ed interesse risultante dal rapporto 2024 dell’UNEM è la ricomposizione “naturale” dei singoli comparti. Ad esempio le crisi internazionali si sono susseguite in questi ultimi anni, ma il prezzo del greggio è stato relativamente costante. Le immatricolazioni hanno ripreso in Italia specie con i classici motori endotermici, ma non sono cresciuti i prezzi alla pompa; anzi, tutt’altro. Le rinnovabili continuano la loro inarrestabile crescita senza segnare alcun clamoroso innalzamento dei prezzi energetici.
Cosa porta a queste queste “ricomposizioni” che consentono all’Italia di star su, in un mare tanto tempestoso? L’indicazione che è emersa dalla relazione UNEM si concentra su due ragioni chiave: la prima è il combinato disposto della mancata crescita cinese nel 2024, che ha contenuto tutte le spinte mondiali dei prezzi. E il buon posizionamento del nostro paese sia in fase di approvvigionamento che di risposta alle mancate forniture russe, in primis il gas. La seconda è l’ampia diversificazione interna della nostra economia, che non è così concentrata, come quella tedesca, sull’automotive, ma può spaziare su numerosi settori che avendo andamenti diversi, posso compensarsi. Si pensi al turismo, e all’effetto “Anno Santo “ per Roma, lo scalo di Fiumicino e tutto l’indotto.
“Tuttavia” – come è stato ricordato da Alessandro Fontana, direttore del centro studi di Confindustria – “galleggiare è condizione necessaria, ma non sufficiente per poter navigare; occorre una propulsione, che dovrebbe essere indotta a livello continentale da Bruxelles, attraverso una più avanzata adesione del rapporto Draghi, piuttosto che realizzare una fuga in avanti sull’auto elettrica che causa solo una deindustrializzazione autoinflitta”.