L’industria americana sta beneficiando abbondantemente del conflitto russo–ucraino, anche perché impiega il valore aggiunto così conseguito in ricerca (avanzamento tecnologico) e in diversificazioni finanziari, i quali, a loro volta, creano una nuova liquidità aggiuntiva. Al contrario, l’economia europea si sta acclarando come principale sconfitta. Articolo di Pierpaolo Signorelli.
Nel recente rapporto Eurostat relativo agli andamenti delle principali macro-variabili nel secondo trimestre 2024, si rilevano anche gli andamenti economici dei principali vettori energetici, nonché la composizione del partenariato che soddisfa la domanda energetica dell’Europa.
Nel primo semestre di quest’anno si registra, per l’import, un significativo contenimento della spesa (-10,7 %) ed anche un parallelo diminuzione della massa netta (-9,7). Sostanzialmente, si tratta di due contrazioni simbiotiche a riprova che l’incidenza della concorrenza interna al mercato europeo ha una modesta azione sugli andamenti prezzi/quantità delle merci importate, che sono invece molto più sensibili ai volumi complessivamente richiesti e alla disponibilità di partner internazionali alternativi.
Significativi al riguardo sono stati gli andamenti del gas naturale gassoso, che ha fatto registrare sia una rilevantissima contrazione in valore (-31,4%), come effetto del depotenziamento della speculazione internazionale, sia una importante diminuzione nei volumi (-9,5), probabilmente per l’effetto combinato della mitezza del clima con la diffusione delle tecnologie di efficientamento energetico anche nei paesi dell’est europeo. Il fenomeno presenta andamenti analoghi, perfino più accentuati, per il gas liquefatto, con le importazioni che hanno segnato una forte diminuzione in valore (-41,2%) e in volume (-20,2%).
Serie di dati di origine: Stime Comext ed Eurostat
In sostanza l’Europa dopo il primo tragico anno di inadeguatezza di fronte alle sfide imposte dall’invasione russa dell’Ucraina e al correlato blocco delle importazioni, è riuscita gradualmente a raggiungere una certa stabilità sia nei rifornimenti che nei consumi. Entrambi i fattori hanno perciò consentito una diminuzione consistente, ma non sufficiente come vedremo fra poco, dei prezzi dell’import, sia a bocca di pozzo che presso le principale piattaforme borsistiche.
A riprova di ciò, è la fotografia che l’Eurostat riporta sulla nazionalità dei principali fornitori di vettori energetici minerari. Comprensibilmente essa è del tutto cambiata rispetto all’inizio del 2022 quando scoppiò la guerra, registrando come primo partner commerciale gli Stati Uniti, situazione che nel settore del gnl non si era ancora verificata. Se tradizionalmente gli USA hanno ricoperto un fondamentale ruolo commerciale nella fornitura di petrolio – basti ricordare l’indiscussa supremazia esercitata per decenni dalle sette sorelle – nell’esportazione di gas liquefatto il fenomeno è nuovo, ed interamente dipeso dal blocco degli acquisti del gas russo in Europa. Pertanto, nel secondo trimestre del 2024 la maggior parte delle importazioni dell’UE di petrolio è provenuta dagli USA (15,1 %), dalla Norvegia (14,1 %) e dal Kazakistan (11,7 %), secondo linee di rifornimento non troppo dissimili rispetto a quando la Russia partecipava a pieno titolo. Nell’importazione del gas, invece le cose sono stravolte: infatti per il gnl, quasi la metà ha paternità americana (46%), davanti a Russia (16,8%) e Qatar (11,9%). Per gli import di metano in stato gassoso, il principale fornitore è la sicura Norvegia (43,5%), seguita dalla vicina Algeria con il 21,6%, davanti alla Russia con il 15,5%.
Una prima osservazione che emerge dalla rilevazione di Eurostat è la presenza comunque significativa della Russia nelle forniture di gas, specie per l'Europa dell’Est che, chiaramente, non avendo sbocchi al mare ha molta più difficoltà nell’impostare un partenariato distinto e duraturo rispetto a quello tradizionale (mancano peraltro tutta una serie di infrastrutture nuove da dover realizzare). Il dato sull’import russo si riferisce allo scorso maggio, quindi è da attendersi che per il successivo trimestre la quota in esame si riduca parecchio. Però, resta inequivocabile la posizione di duratura debolezza dell’UE in ordine alla sicurezza energetica, visto che, qualunque sia il vettore che si considera, è sempre importato, compreso l’uranio per le centrali francesi, ovvero il silicio e il litio per i pannelli fotovoltaici. Unica significativa eccezione sarebbe il carbone della Rhur che, però, a causa dell’elevatissimo impatto ambientale verrà messo al bando.
L’altro importante elemento che si evince è che la stabilità raggiunta dalla nuova composizione dei fornitori non è sufficiente per incidere nelle dinamiche, presenti e future, dei corsi borsistici. Se si prende, ad esempio, in esame il mercato nazionale, il prezzo medio dell’elettrico nei primi 9 mesi del 2024 registra un livello intorno ai 102€/MWh, quando l’analogo valore per il decennio 2010 – 2019, quindi al di fuori di eventi traumatici come la pandemia o la guerra, si attestava a 59€/MWh!!
Per il gas abbiamo un prezzo medio relativo all’ultimo anno termico di 35,32€/MWh, a fronte di un valor medio – pre pandemia e pre guerra – intorno ai 21,45€/MWh. Siamo quindi a livelli ancora troppo elevati che non sono oltremodo sostenibili né per la competitività delle aziende, né per il benessere delle famiglie.
Se il fenomeno è macroscopico nel caso nostrano, è comunque presente in un po’ tutta Europa, la quale sta sostenendo, da sola, il costo energetico della guerra. Infatti, gli USA dispongono del gas che vendono agli “alleati” facendo ricorso alle tecniche di fratturazione idraulica delle rocce profonde (fracking), un metodo non impiegato in Europa per il rischio di innescare terremoti.
E un’altra parte rilevante del gas americano esportato viene ricavata come sottoprodotto della raffinazione del petrolio; avendo il greggio mediamente una quotazione intorno agli 80 dollari al barile nell’ultimo anno, il gas da petrolio le compagnie statunitensi lo ottengono quasi gratis. Se a ciò si accompagna un tasso di cambio euro contro dollaro mediamente favorevole alle esportazioni USA, complessivamente l’industria americana sta beneficiando abbondantemente della situazione bellica, anche perché impiega il valore aggiunto così conseguito in ricerca (avanzamento tecnologico) e in diversificazioni finanziari, i quali, a loro volta, creano una nuova liquidità aggiuntiva.
Qualunque sia l’esito del conflitto russo–ucraino, l’economia europea si sta acclarando come principale sconfitta.