Grazie agli investimenti del PNIISSI è possibile recuperare quasi 600 milioni di m3, l'85% al Sud
Nonostante la siccità, in Italia non viene sfruttato il 13,8% del volume d’acqua presente nelle dighe, pari a circa due miliardi di metri cubi. Nel dettaglio, si tratta di 1,8 miliardi di metri cubi d’acqua che non possono essere utilizzati per motivi di autorizzazioni infrastrutturali e ambientali e di ulteriori 58 milioni di metri cubi occupati da sedimenti.
I dati sono stati elaborati da The European House – Ambrosetti ed emersi durante i lavori della sesta edizione Community Valore Acqua per l’Italia. Tra le zone d’Italia dove non si sfrutta a pieno la capienza dei grandi invasi c’è la Sardegna, che non utilizza il 18,2% dell’acqua, oltre 10 punti percentuali meglio della Sicilia e oltre 20 meglio degli appennini meridionali e centrali.
“Le nostre elaborazioni confermano una differenza sostanziale tra Nord e Sud del Paese. Nel 2024 i volumi di acqua non sfruttati dall’autorità di bacino delle Alpi Orientali sono stati il 15,7%, appena sopra la media italiana del 13,8%, mentre al di sotto si colloca l’Appennino Settentrionale (13,2%) e, in particolare, l’Autorità di Bacino del Fiume Po che non sfrutta solamente l’1,9% del proprio potenziale”, spiega Valerio De Molli, managing partner e CEO di The European House – Ambrosetti.
Secondo uno studio di TEHA, grazie al “Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico” (PNIISSI) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e che prevede 10 miliardi di euro di investimenti, potranno essere recuperati e resi utilizzabili 594 milioni di metri cubi d’acqua, di cui oltre 400 dall’Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale e 81 in Sicilia. Anche dalle Alpi Orientali si potranno sfruttare 50 milioni di metri cubi che oggi non sono a disposizione, 36 dal Fiume Po, 19 dall’Appennino Settentrionale, 6 dalla Sardegna e 2 dall’Appenino Centrale.