La richiesta di UCO è destinata a triplicare entro il 2030, principalmente trainata dal settore aereo che necessita di questi oli esausti per rispettare gli obblighi di utilizzo di carburanti sostenibili per l'aviazione
La Cina presto esaurirà le scorte di oli esausti a causa della impennata della domanda di Europa e Stati Uniti per questa materia prima. È quanto emerge dal recente studio di Transport & Environment (T&E), che ha commissionato una ricerca a Stratas Advisors, in cui viene esaminata la capacità di raccolta dei principali produttori mondiali di oli esausti. L’analisi rileva che, già oggi, la Cina esporta più della metà degli UCO che raccoglie, utilizzati principalmente per essere trasformati in biocombustibili per auto e camion europei e statunitensi.
La richiesta di UCO è destinata a triplicare entro il 2030, principalmente trainata dal settore aereo che necessita di questi oli esausti per rispettare gli obblighi di utilizzo di carburanti sostenibili per l'aviazione (SAF). L'Europa, consumando 130 mila barili di olio da cucina usato al giorno - 8 volte più di quanto riesce a raccogliere - sta incrementando le importazioni da Cina, Indonesia e Malesia per colmare il deficit. Anche negli Stati Uniti, dopo l'approvazione dell'Inflation Reduction Act di Biden, la domanda è aumentata a 40 mila barili al giorno. Tuttavia, l'incremento della domanda supera notevolmente la capacità di raccogliere UCO in modo sostenibile, spingendo l'organizzazione T&E a chiedere limitazioni sulle importazioni non sostenibili e di dubbia provenienza di questi oli esausti.
“L'UE è ben lontana dall'essere autosufficiente nella raccolta di oli esausti per servire il fabbisogno energetico dei trasporti. Anche in Italia, i biofuels da UCO vengono presentati come una strategia per perseguire l’indipendenza energetica, ma la realtà è tutt’altra: dipendiamo e dipenderemo ampiamente dalle importazioni” commenta Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia; che continua “I biofuels da oli esausti realmente sostenibili sono pochi: andrebbero utilizzati solo quelli raccolti a livello domestico e impiegati per la decarbonizzazione di settori hard-to-abate come l’aviazione, il cui mercato è più che sufficiente ad assorbire i volumi nazionali. Invece vengono utilizzati largamente in auto e camion, spingendo la domanda troppo in alto e determinando una situazione di dipendenza commerciale da importazioni dubbie dall’Asia”.
La domanda globale di UCO sta crescendo in modo esponenziale, principalmente a causa dei nuovi obiettivi per i carburanti sostenibili per l'aviazione. Solo Ryanair - si legge nella nota - ha dichiarato di avere bisogno di tutti gli UCO disponibili in Europa per coprire il 12,5% dei suoi voli entro il 2030, come parte del suo obiettivo volontario. I target globali per il 2030 riguardanti l'impiego di carburanti sostenibili per l'aviazione richiederebbero almeno il doppio dell'UCO che può essere raccolto da Stati Uniti, Europa e Cina combinati, sottolineando le sfide nella scalabilità di questo settore.
Riguardo alle frodi, si legge nella nota, in Cina si sospetta che ci sia un mercato illegale interno per l'olio di scarto, dove olio vegetale vergine potrebbe essere erroneamente etichettato come UCO, aumentando così il consumo effettivo di quest'ultimo. Inoltre, la Malesia, uno dei principali produttori di olio di palma, esporta tre volte più UCO di quanto riesca a raccogliere internamente. Questi dati sollevano preoccupazioni riguardo alla provenienza e all'etichettatura corretta degli UCO, specialmente considerando che una parte significativa di questi materiali transita attraverso Paesi Bassi e Regno Unito, entrambi fortemente impegnati nei carburanti sostenibili per l'aviazione (SAF).
Carlo Tritto ha aggiunto: "Il fatto che la Malesia - uno dei maggiori produttori mondiali di olio di palma - esporti molti più UCO di quanti ne raccoglie, dimostra che il rischio di frodi lungo le catene di approvvigionamento è più che elevato. La discrepanza tra i numeri di raccolta ed esportazione ci suggerisce che di fatto gli UCO potrebbero essere solo una copertura per l'olio di palma, che - se impiegato per la produzione di biocarburanti - può avere un impatto climatico fino a tre volte superiore rispetto al carburante fossile che teoricamente dovrebbe sostituire".