"La dissalazione dell’acqua non può essere l’unica soluzione al problema delle siccità, ma va inserita in una rosa di soluzioni per uscire da una logica emergenziale e trattare il tema dell’acqua con un respiro di lungo periodo”, dice Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti.
Potenziare gli invasi e raccogliere le acque meteoriche, riutilizzare l’acqua a fini irrigui e industriali e promuovere la dissalazione dell’acqua marina. E’ questa la ricetta per efficientare il servizio idrico secondo la Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti.
A livello globale vengono generati 108 milioni di metri cubi al giorno di acqua dissalata; in Italia appena 650 mila (il 5,9% della produzione giornaliera europea). La dissalazione delle acque marine, una delle possibili soluzioni al problema della siccità come emerso dal primo incontro della Community Valore Acqua per l’Italia, viene realizzata nel nostro Paese da 340 impianti (oltre il 50% costruiti prima del 2000) che generano acque impiegate per quasi il 70% nel settore industriale (68,3%) e destinate solo in minima parte all’agricoltura e all’uso civile.
“La dissalazione - ha affermato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti – ha le potenzialità per diventare una delle soluzioni di un sistema integrato di approvvigionamento idrico nel nostro Paese, con un mercato oggi però fortemente sviluppato nel Medio Oriente e che concentra il 39% della capacità di dissalazione del mondo, l’Europa l’11% dietro gli Stati Uniti (18%) e davanti all’Africa (8%). Il mercato della dissalazione vale oggi 13,6 miliardi di euro (quasi 23 mila impianti attivi) per una capacità produttiva che aumenta mediamente del 6,8% all’anno”.
Come emerso dai dati elaborati da The European House-Ambrosetti, un’altra leva importante per una strategia di lungo periodo contro la siccità deriva dalla valorizzazione degli invasi e dalla raccolta di acque meteoriche. L’Italia ha la capacità oggi di recuperare solo 5,9 miliardi di metri cubi di acque meteoriche (11% del totale) a fronte di una disponibilità potenziale di 54 miliardi di metri cubi con un impatto importante sulla filiera agricola, industriale, ma anche civile. Tra le infrastrutture più datate sul territorio troviamo le grandi dighe che hanno un’età media a livello nazionale di 58 anni, ma con punte che raggiungono i 92 anni in Liguria e oltre 80 in Valle d’Aosta e Piemonte. Le più recenti in Puglia e Molise, rispettivamente con un’età media di 41 e 35 anni. Negli ultimi 10 anni sono state attivate solo 2 dighe di grandi dimensioni.
“Un’altra dimensione su cui agire è il riuso. Rispetto alla gestione pubblica - ha aggiunto Valerio De Molli – quella industriale favorisce il riuso delle acque depurate per oltre 23 punti percentuali in più. I 18.000 impianti di depurazione raddoppieranno nel breve-medio periodo, ma rimane da gestire il tema della destinazione delle acque reflue: solo il 4% è oggi destinato al riuso diretto, 6 volte in meno della Spagna e 4 volte in meno rispetto alla Francia”.