Il servizio idrico ha cambiato marcia negli ultimi dieci anni, ma i passi compiuti per affermare la gestione industriale e il governo del settore non sono pienamente noti ai cittadini. Si è dunque aperta una frattura tra cittadini e operatori che ostacola lo sviluppo di quest’ultimo. Conoscere i desiderata dei cittadini e aiutarli a superare false credenze ed errate percezioni è oggi un cammino impellente. L’industria idrica è in continua evoluzione: nuove scarsità, opportunità e priorità emergenti delineano la chiara necessità di un mandato industriale rinforzato sostenuto dai cittadini e da una maggior consapevolezza degli operatori.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
Il servizio idrico integrato (SII) è notoriamente caratterizzato da una certa “distanza” fra chi eroga il servizio e chi ne usufruisce.
C’è una mancanza di visibilità che è congenita al SII. La peculiarità nasce dal fatto che l’acqua, dalla captazione in natura, percorre un lungo tragitto per giungere agli utilizzatori. Successivamente al suo uso compie ancora un ulteriore percorso per essere depurata e restituita in natura. Il percorso dell’acqua, quindi, inizia e finisce in luoghi lontani dallo sguardo e dalla percezione del cittadino.
Vi è poi il fatto che è un servizio meno costoso rispetto agli altri servizi pubblici locali, con in media meno di 350 euro l’anno di bolletta a fronte degli oltre 800 euro della fornitura di energia elettrica e degli oltre 620 euro delle bollette del gas. Infine, il suo stesso costo è spesso poco visibile, annegato nei rendiconti condominiali e ripartito sulla base del numero delle persone, senza tenere conto dell’effettivo consumo. Da qui alcune “storture” nella percezione, rilevate nella presente ricerca: per un cittadino su sei il gestore si occupa solo della fornitura di acqua potabile, quattro su dieci pensano che sia l’azienda del servizio idrico a decidere la tariffa, circa uno su tre ammette di non sapere quanto costa la risorsa.
In secondo luogo, l’evoluzione dell’assetto di governo del servizio idrico non è ancora pienamente interiorizzata dai cittadini. Il percorso avviato nella metà degli anni ’90, pensato per affrancare la gestione dell’acqua dalle finanze locali e restituire al Paese operatori industriali in grado di consolidare competenze, esprimere economie di scala, chiudere le distanze nella qualità del servizio e negli investimenti rispetto alle migliori esperienze europee, ancora oggi non è noto ai cittadini. E così succede che meno di un cittadino su due sa chi gestisce il servizio idrico sul proprio territorio.
Cittadini e addetti ai lavori in dialogo
In questa puntata, in collaborazione con Amapola, abbiamo intrapreso una strada nuova: una indagine a specchio, da una parte i cittadini, dall’altra gli “addetti ai lavori”.
Le stesse domande sono state poste ai due gruppi di partecipanti in un ipotetico confronto e dialogo. Gli addetti ai lavori hanno un punto di vista affidabile o distorto delle percezioni dei cittadini? È questo un aspetto decisivo, perché solo riconoscendo i rispettivi punti di vista e le motivazioni più o meno razionali ad essi sottese è possibile avviare un dialogo, prendere in carico le situazioni di malcontento. E ancora: esiste un progetto e uno sguardo comune per il futuro? Oppure il percepito dei cittadini, proiettandosi nel futuro, si scontra con quelle che sono le esigenze più profonde del servizio idrico, note a tecnici ed esperti e necessarie per affrontare le sfide del prossimo futuro?
L’obiettivo di questa doppia indagine è costruire un ideale punto di contatto tra le due esperienze, evidenziandone prossimità e distanze, suggerendo strategie e percorsi per costruire una maggiore condivisione. Su quest’ultimo punto alcune idee e suggerimenti saranno presentati in un Position Paper di futura pubblicazione, che si concentrerà sulla definizione di percorsi di informazione, formazione, comunicazione e partecipazione. È all’incrocio di queste dimensioni, infatti, che è possibile ri-costruire e rinforzare la relazione tra cittadini e SII.
Il futuro del SII: qual è la rotta da percorrere?
Per tracciare una rotta verso il futuro del settore, è fondamentale partire da una semplice domanda: dove siamo oggi?
L’orizzonte comincia ad apparire anche ai cittadini: l’urgenza di costruire un servizio più sostenibile e resiliente, anche alla luce dei recenti fenomeni estremi quali allagamenti e siccità, è un messaggio che è arrivato anche all’utente medio. Allo stesso tempo, però, il punto di partenza e gli strumenti per arrivare a quel risultato rimangono ancora molto vaghi ai cittadini: il 48% non sa a quanto ammontano gli investimenti e due cittadini su tre ritengono adeguato il livello attuale di investimenti. Gli enormi sforzi che son richiesti per compiere il percorso necessario a rendere il servizio sostenibile e resiliente rimangono così tutt’al più sommersi.
In quale mare navighiamo? Cittadini alla deriva della conoscenza
Tornando con lo sguardo al presente, nonostante il servizio idrico faccia indubbiamente parte della quotidianità di noi tutti, ancora oggi esso è per molti versi sconosciuto ai cittadini. Meno di un cittadino su due conosce l’esistenza di una azienda industriale dedicata alla gestione del servizio idrico nel proprio territorio: l’11% ammette di non sapere chi eroga il servizio, il 30% ritiene che si tratti del Comune, un altro 14% indica lo Stato, la Regione o la Provincia – soggetti questi ultimi che in tutti i casi sono errati.
Anche la natura dei servizi forniti è percepita in maniera distorta: per un cittadino su sei il gestore si occupa solo della fornitura di acqua potabile e meno di un cittadino su due sa che il gestore si occupa anche di controlli della qualità e della potabilità dell’acqua. Insomma, i cittadini continuano a credere in gran parte che siano soprattutto i servizi che “entrano” ed “escono” dalle case quelli svolti dal gestore – ossia fornitura dell’acqua e fognatura. Non sapere di cosa si occupa il gestore si riflette anche su un altro risultato della ricerca: il 28% dei rispondenti reputa che l’acqua del rubinetto non sia di buona qualità. La scelta di consumare acqua del rubinetto pare essere una questione geografica e generazionale. I più giovani, più sensibili al tema della sostenibilità, la privilegiano: la sceglie il 57% fra i 18 e i 24 anni, rispetto al 47% dichiarato dagli over 64. Differentemente, la quota di coloro che reputano l’acqua del rubinetto di buona qualità varia in modo significativo tra Nord (77%), Centro (70%) e Sud (66%) in modo armonico rispetto al consumo di acqua del rubinetto, denotando così una scelta che è sovente condizionata dalla qualità– presunta o reale – dell’acqua erogata.
La bolletta, questa sconosciuta
La ricerca evidenzia lacune di conoscenza e storture di percezione anche in merito alla bolletta. Quattro intervistati su dieci pensano che sia l’azienda del servizio idrico a decidere in autonomia la tariffa, senza conoscere quindi l’esistenza di un’Autorità di Regolazione nazionale (ARERA). La stessa confusione rispetto alla tariffa e alle sue dinamiche si riscontra in un altro dato: solo il 40% dei cittadini riconosce l’effettivo costo di un metro cubo di acqua, rispetto a un 30% che è completamente fuori strada e un altro 30% che ammette di non avere idea.
Il non sapere chi è il responsabile dei soldi riscossi, dell’uso che di questi si fa, dei servizi inclusi nella tariffa, insieme alla distanza tra prezzo e valore dell’acqua, porta a leggere la bolletta come un balzello da pagare, piuttosto che come il costo della risorsa, del servizio e del parziale ripristino della risorsa stessa.
Il confronto con gli addetti ai lavori
Futuro, qualità del servizio, digitalizzazione, obiettivi di sostenibilità: mettere a confronto le aspettative dei cittadini e la competenza degli esperti – dimensioni a volte allineate, altre volte distanti tra loro – è la premessa necessaria per ricostruire il legame tra il servizio e i suoi stakeholder e orientare così il settore verso politiche più efficaci, sostenibili, condivise. Dalla lettura dei dati appare evidente la capacità dei gestori – e in genere degli addetti ai lavori – di cogliere il sentire medio dei territori, tuttavia sembra mancare la capacità di riconoscere e quindi accogliere le fasce più estreme: i cittadini estremamente soddisfatti e quelli estremamente insoddisfatti.
Sul tema della sostenibilità, cittadini ed esperti sono concordi nel ritenerla una priorità per il settore. Analizzando nello specifico, si osserva come i cittadini valutino le varie azioni “sostenibili” ugualmente importanti, differentemente dagli addetti ai lavori che si dimostrano in grado di discriminare con attenzione fra le varie attività proposte. Si intravede dunque la possibilità di costruire percorsi di formazione e informazione che “guidino” i cittadini verso le necessità più pressanti per il settore, così come rappresentate dagli addetti ai lavori, nel solco della rinnovata coscienza ambientale, che può fungere da volano per coinvolgere i cittadini in una riflessione sul futuro del servizio idrico.
A proposito di NIMBY
Anche rispetto al fenomeno del NIMBY – Not in my backyard – che spesso frena lo sviluppo sostenibile, la ricerca raccoglie dati interessanti. Il riuso delle acque depurate in agricoltura e il recupero di fertilizzanti trovano il favore di quasi tutti i cittadini intervistati, attestandosi a una quota di accettazione pari al 90%. Andando ancora più a fondo e vedendo come il coinvolgimento in prima persona influenza le decisioni dei cittadini, ben l’86% si dichiara disponibile a ospitare sul proprio Comune un digestore anaerobico. Un’evidenza che dà la possibilità di ridimensionare i fenomeni di voice – ossia le proteste in forma di lamentela – associati a istanze locali, evitando che acquisiscano una rilevanza mediatica oltre la loro reale rappresentatività e il sentire dei territori.
Cittadini in “crisi”
La ricerca individua anche una dimensione di cittadini in “crisi” con il servizio idrico e gli operatori, nell’accezione originale e neutra del termine, ossia nella ricerca di un cambiamento rispetto al passato. Sono i gruppi dei pragmatici (47%) e dei dissidenti (13%): i primi rilevano qualche tipo di insoddisfazione rispetto al SII in maniera consapevole e moderata, i secondi hanno posizioni radicali e ideologiche (“l’acqua non andrebbe pagata”). In totale, il 60% dei rispondenti segnala almeno un motivo di insoddisfazione nei confronti del servizio: di questo gruppo,il 34% indica più di un versante di insoddisfazione.
Sui cittadini pragmatici, è possibile innestare un processo di recupero della fiducia incardinato sul miglioramento del servizio stesso e delle dinamiche relazionali con il gestore. Ascolto, dialogo, confronto sono ambiti nevralgici e non sacrificabili per chi, occupandosi di un bene comune come la risorsa idrica, è legato a doppio filo ai propri stakeholder. Per questo, il paper prevede una seconda uscita nella quale si analizzeranno, in una sorta di tassonomia del malcontento, i motivi dietro l’insoddisfazione dei cittadini, le risposte emotive dominanti e soprattutto i relativi percorsi di informazione, comunicazione e partecipazione da attivare di volta in volta.
Fonte: laboratorioref.it