«Bisogna agire subito e in modo coordinato non per eliminare i rischi ma almeno per contenerli il più possibile». Così il Presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci, all’evento organizzato a Parigi della Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali
La gravità della dipendenza da pochi Paesi (talvolta da uno solo) per i minerali critici è ancora più grave se messa in relazione con la transizione energetica. A lanciare l’allarme sui rischi per la decarbonizzazione e per la sicurezza energetica connessi alla dipendenza da tali forniture è stato il Presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci, intervenuto a Parigi alla conferenza su “Minerali critici: sicurezza e sostenibilità delle catene di approvvigionamento”,organizzata dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali.
«Un quadro - ha sottolineato Ricci - che deve indurre a prendere consapevolezza del problema e individuare la migliore strategia incentivando soluzioni diverse ricercando sinergie e complementarietà tra di loro».
L’evento, aperto dall’Ambasciatore Luca Sabbatucci, ha avuto come obiettivo quello di aprire una riflessione sulle strategie nazionali e sul contributo della cooperazione internazionale e della ricerca, illustrate dal Mimit e dall’ENEA, sulle prospettive delle imprese italiane rappresentate da Confindustria Energia e da Elettricità Futura, nell’ambito degli scenari del settore presentati dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE).
Oltre a essere «inefficace e tardiva», la posizione sul regolamento europeo Critical Raw Material Acts, suona come «una resa incondizionata (almeno fino al 2030) perché ritiene già uno sforzo titanico riuscire a limitare l’import da un unico Paese al “solo” 65%, quando con il 40% di dipendenza dal gas russo si è già visto cosa è successo».
L’approccio da seguire è quello che guarda al mining, ai processi di lavorazione delle materie prime e ai processi di riciclo. «Quanto al mining – ha ribadito il Presidente Ricci - è difficile svilupparlo in modo materiale e sostenibile in Europa. Pertanto molto meglio puntare sul mining nei Paesi più ricchi di questi materiali lavorando sulla cooperazione internazionale e su modelli di sviluppo migliori di quelli offerti oggi da alcuni Paesi che governano questi processi. A fronte del significativo impatto ambientale dei processi di lavorazione dei materiali critici si deve lavorare come R&D per renderli accettabili e sostenibili e poi portare questi processi in parte vicini all’estrazione e in parte sul mercato (in Europa). Il riciclo è l’aspetto dove l’Europa, e l’Italia in particolare, può e deve fare di più, stimolandolo e sviluppandolo già da ora che c’è ancora un ampio margine per essere i primi e i più competitivi».
Da parte loro, le aziende italiane devono «supportare la ricerca, favorire il recupero dei materiali di scarto con minerali critici, spingere sull’ecodesign, non solo in Europa ma imponendolo anche ai prodotti di importazione».
Altra importante leva per arginare i rischi connessi alla dipendenza dai minerali critici sarà, per Ricci, «il riutilizzo dei siti industriali di settori energetici in declino, come raffinerie, petrolchimici, come siti eleggibili per ospitare lavorazioni e riciclo di questi materiali. Progetti autorizzativi agevolati e stimoli adeguati consentirebbero di rendere meno importante l’impatto sociale della transizione energetica e di sfruttare l’enorme bagaglio di know how già disponibile. Vanno potenziati in tal senso i programmi di finanziamento europei dovrebbero essere potenziati e anche allentando la normativa sugli aiuti di stato e dedicando a questa tematica fondi del PNRR».
Fonte: confindustriaenergia.org