Presentato oggi il primo rapporto sull’idrogeno dell’Osservatorio H2 Agici-Fichtner che definisce i modelli di produzione e consumo ottimali, calcola i costi per la produzione dell’idrogeno verde e identifica le policy necessarie a far partire i progetti.
In Italia sono avviati o pronti a partire almeno 160 progetti sull’idrogeno, focalizzati su industria hard to abate e mobilità, ma nella stragrande maggioranza dei casi le imprese attendono la partenza dei bandi PNRR e significativi incentivi per abbattere gli elevati costi di produzione. È quanto emerge dal primo rapporto sull’idrogeno verde di Agici e Fichtner che è stato presentato nel corso dell’evento “Le sfide dell’idrogeno verde: domanda, policy pubbliche e strategie degli operatori”, a Milano giovedì 1 dicembre, a Palazzo Turati. L’evento si è aperto con il saluto di Mario Antonio Scino, Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e ha visto la partecipazione delle associazioni del settore H2IT, Elettricità Futura e Proxigas e di molti stakeholder di riferimento, Enel Green Power, Eni, EP Produzione, ERG, Ferrovie dello Stato, Foresight, Hera, Iren, Margherita, Saras e Snam. Per le conclusioni è intervenuto Davide Valenzano, Responsabile degli Affari Regolatori del GSE.
Lo studio ha evidenziato come il mercato dell’idrogeno, sia per quanto riguarda la produzione che per molti degli ambiti di consumo, stia partendo con decisione con progettualità diverse, ma che si possono ricondurre ad alcune casistiche di riferimento, quattro in tutto (centralizzato, decentralizzato, misto e hydrogen valley) con range di costi di produzione (LCOH) che variano tra 7,4 e 11 €/Kg. Tra queste il modello ottimale, ovvero con l’LCOH più contenuto, è il modello misto, con una produzione dell’idrogeno localizzata presso l’utilizzatore, con una fonte rinnovabile dedicata, integrata da prelievo da rete con certificati verdi. L’analisi ha, inoltre, evidenziato come anche la scelta di modelli di produzione decentrata rispetto al consumo non sia economicamente distante e che la loro sostenibilità dipenda comunque dalla presenza di meccanismi di sostegno sia lato Capex, che lato Opex – nei casi analizzati tra 50-80% dei costi totali – in particolare per compensare il costo dell’energia esploso nel recente periodo. I modelli sono definiti ottimali in quanto in condizioni più sfavorevoli di scenari di prezzi energetici, ore di funzionamento dell’elettrolizzatore ed interventi specifici da fare sui siti, i valori possono crescere anche di 3-5 €/Kg.
Dichiara Massimo Andreoni, Responsabile della ricerca per Fichtner: “Il mercato della produzione e consumo dell’idrogeno è pronto e servono subito chiarezza normativa e sostegni al settore per fare presto in quanto il mercato della produzione dell’idrogeno è internazionale e ritardi nell’avvio del settore in Italia potrebbero vederci sfavoriti rispetto a prezzi di importazione dell’idrogeno intorno a 3-5 €/Kg”.
Tuttavia, per facilitare lo sviluppo dei progetti nazionali e dei modelli descritti occorre sviluppare una precisa strategia-Paese sull’idrogeno e specifici strumenti di policy, necessari soprattutto ad abbattere gli ancora elevati costi di produzione della molecola. In particolare, lato operatori emergono preoccupazioni sulla mancanza di certezza normativae di chiarezza in merito ai criteri specifici da adottare per la definizione dell’idrogeno verde; sul rischio di perdita di competitività dell’idrogeno verde rispetto ad altre forme di idrogeno a basse emissioni; sul lento sviluppo della capacità rinnovabile necessaria ad alimentare gli impianti di elettrolisi per la produzione dell’idrogeno verde a livello nazionale; sulla bassa capacità degli attuali strumenti di finanziamento pubblico previsti (es. IPCEI, PNRR) di supportare gli investimenti nel medio-lungo periodoe, in particolare, sulla mancanza di uno specifico strumento in grado di supportare gli OPEX dei progetti, in questa fase fortemente influenzati dalla bassa maturità delle tecnologie, ma soprattutto dagli alti costi del vettore elettrico.
A livello europeo, in molti Paesi si stanno sviluppando soluzioni in grado di dare una risposta a questi temi, in particolare garanzie d’origine per la molecola (es. l’HyXchange Initiative in Olanda), meccanismi a sostegno dell’importazione di idrogeno verde dall’estero (es. H2Global Foundation in Germania), crediti d’imposta (es. tax credit negli Stati Uniti) e schemi incentivanti per la copertura del gap economico tra idrogeno e alternative fossili (es. Contract for Difference in UK).
Più in concreto, a prescindere dallo strumento di supporto adottato, per rendere più competitivo il costo di produzione, oggi compreso tra i 7,4 e gli 11 €/Kg a seconda dei modelli di produzione, delle destinazioni d’uso e dei prezzi dell’elettricità, occorre avvicinarlo a quello delle alternative fossili, gas nell’industria (1,5 €/Kg) e gasolio nella mobilità (5 €/Kg). Per fare questo, sulla base delle nostre simulazioni, occorrerebbe abbattere i Capex del 50-60% attraverso i fondi PNRR e applicare un contributo sugli OPEX compreso tra 1,5 e 6,8 €/Kg.
“Dalle nostre stime – dichiara Stefano Clerici, Responsabile della ricerca per Agici – emerge che le risorse a sostegno della produzione di idrogeno verde in Italia, potrebbero essere nel range di 10-16 miliardi di € per il modello misto, e di 14-20 miliardi di € per il modello hydrogen valley, a cui si devono aggiungere i 3,5 miliardi di € dei fondi PNRR. È, inoltre, evidente che sul LCOH dell’idrogeno pesa significativamente il costo della energia elettrica necessaria a produrlo; per questo, a nostro giudizio, si potrebbe immaginare un contributo sugli OPEX indicizzato proprio al prezzo del vettore elettrico”.
Fonte: agici.it