INTERVISTA CON MATTEO COLLE DIRETTORE RELAZIONI ESTERNE E CSR DI GRUPPO CAP

14 nov 2022
UN SISTEMA IDRICO INTEGRATO CAPACE DI CREARE VALORE DA TUTTO CIO' CHE VIENE CONSIDERATO “SCARTO”

Acqua, rifiuti ed energia sono gli asset su cui Gruppo CAP ha deciso di puntare per il futuro. In linea con le direttrici strategiche del suo piano di sostenibilità, il Gruppo ha intrapreso un percorso di transizione verso un’economia circolare che ha l’obiettivo di recuperare materiali ed energia dai rifiuti affinché vengano minimizzati gli sprechi. Secondo questa logica, CAP ha trasformato quello che fino a qualche anno fa era un processo lineare in un ciclo virtuoso. Da un lato, ottimizzando tutte le attività dal punto di vista organizzativo ed energetico, dall’altro riutilizzando ciò che già si produce – acqua depurata e fanghi di depurazione – grazie all’impiego di tecnologie innovative e all’avanguardia che permettono di estrarre tutto il valore possibile da ciò che da sempre viene considerato scarto. Ne abiamo parlato con Matteo Colle, Direttore Relazioni Esterne e CSR di Gruppo CAP in occasione di Ecomondo, The Green Technology Expo, l'evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa, che si è tenuto a Rimini dall'8 all'11 novembre.

Alla luce di questi princìpi, sono stati avviati diversi progetti volti a trasformare quello che prima era un rifiuto in energia elettrica o biometano. Una chiusura effettiva del cerchiograzie alla quale vengono valorizzati gli elementi recuperabili dal processo di depurazione delle acque: l’acqua depurata che viene riutilizzata in ambito agricolo o per usi civili ma anche gli scarti alimentari che non possono essere più venduti in filiera. Come si sono evoluti, in questa prospettiva, i depuratori, un tempo pensati come meri impianti di trattamento delle acque ed oggi trasformati in bioraffinerie evolute orientate al recupero di biometano, fertilizzanti, zolfo, diversi chemicals e sabbie? 

Proprio in un recente dibattito è emerso come sia necessario smettere di fare riferimento agli impianti di depurazione chiamandoli “impianti di trattamento delle acque”. Invece, come sta avvenendo già negli Stati Uniti, sarebbe più appropriato definire questi impianti Water Recovery Plans, ossia luoghi dove si recupera il “valore” dell'acqua. Il concetto è esattamente questo: i depuratori sono dei luoghi in cui l'acqua, che prima veniva semplicemente considerata elemento di scarto, ritorna ad avere un “valore”. Gruppo CAP in Italia è stato pioniere in tal senso, attraverso la bio-digestione dei fanghi, la produzione di biogas e infine la raffinazione a biometano, che consente di produrre un combustibile non fossile e bio che sia equivalente al metano fossile. Questo ci ha permesso di immetterlo nella rete Snam e di approvvigionare tutti coloro che hanno bisogno di metano. Inoltre, la quantità disponibile di fanghi di depurazione in Italia è considerevole e se tutti i depuratori in Italia fossero dotati di tecnologie di produzione di biogas - almeno i depuratori con economia di scala - ciò potrebbe rappresentare una sfida e un contributo importante per la transizione energetica italiana. CAP su questo ha certamente segnato la strada, se si considera che fino a qualche anno fa il Decreto Biometano non prevedeva, tra le fonti combustibili per la produzione di biometano, anche i fanghi da depurazione. Non si trattava di un pregiudizio del legislatore ma di una vera e propria lacuna. Oggi, invece, quando parliamo di depuratori, li intendiamo appunto come deiWater Recovery Plans o delle bioraffinerie, pensando a qualcosa di più evoluto. I depuratori attuali possono infatti essere dotati di impianti di cogenerazione, alimentati da biogas e biometano, a servizio dell'impianto stesso di depurazione, rendendolo in tal modo autonomo dal punto di vista energetico, quindi ancora più “green”. Ma ci sono anche altre tipologie di impianti di depurazione, ancora più evoluti e in grado di estrarre dai fanghi di depurazione e dalle acque reflue alcuni vettori energetici e minerali molto importanti come il fosforo, molto raro sul mercato e attualmente importato, ma fondamentale per la produzione di fertilizzanti e polveri piriche. In Europa il tema dell'indipendenza e del rinnovo delle fonti di fosforo è fondamentale ed i depuratori possono essere delle miniere molto importanti per il recupero di questo elemento. Altri materiali già estratti attraverso i nostri depuratori sono le sabbie che un tempo venivano mandate in discarica come rifiuti, mentre ora vengono recuperate, trattate e disinfettate e restituite come materiale inerte che utilizziamo nei nostri cantieri. Visto in questa prospettiva, l'impianto di rivalorizzazione dell'acqua diventa un tassello fondamentale nella logica dell'economia circolare. 

Il riuso e la salvaguardia della risorsa idrica costituiscono aspetti cruciali della strategia di CAP che, alla luce dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici, si impegna quotidianamente nella tutela dell’ “oro blu”. Seguendo i princìpi dell’economia circolare, il Gruppo promuove l’utilizzo dell’acqua non potabile per gli usi non domestici, come l’irrigazione di colture e aree verdi, il lavaggio delle strade dei centri urbani e l’alimentazione dei sistemi di riscaldamento o di raffreddamento industriali. Di quali numeri si parla in merito alla percentuale di acqua riutilizzata o depurata per il riuso in agricoltura o ad uso domestico? 

CAP ha diverse centinaia di depuratori sul territorio nazionale che utilizzano tecnologie adeguate affinché l'acqua, una volta depurata, possa essere riutilizata in agricoltura. Al momento noi ne riusiamo, a questo scopo, solo il 30% , mentre Israele il 95%. Questo è dovuto, da un lato, al fatto che in Italia l'acqua ci sia sempre stata per cui non c'è mai stata l'urgenza di riutilizzare l'acqua dei depuratori per fini agricoli. Ma esiste anche un tema di “cultura" e di "adeguamento tecnologico”. Ancora oggi in agricoltura si utilizzano tecniche di irrigazione poco moderne, come l'irrigazione a scorrimento o attraverso un reticolo di canali in rete. Questo sistema finché c'è disponibilità di acqua può andare bene ma, laddove l'acqua inizia a scarseggiare, esso diventa un sistema idrovoro. Quindi l'acqua depurata potrebbe diventare molto importante nel futuro. Occorre certamente un intervento infrastrutturale iniziale importante e finanziato per dare avvio ad una rete infrastrutturale per le acque irrigue moderna. E'altrettanto necessaria, però, anche una presa di fiducia da parte dell'agricoltore, che pone ancora una certa resistenza a cambiare modalità e tecnologie di irrigazione. CAP ha un progetto, chiamato Smart Water Cities, finanziato dall'Unione Europea, che ha dimostrato nei fatti come si possa fare micro-irrigazione di precisione riducendo l'uso dell'acqua ed i consumi attraverso l'utilizzo di acqua depurata. Ma anche qui occorre superare un pregiudizio legato all'uso dell'acqua depurata in agricoltura, ossia se essa sia “adeguatamente trattata” per tale utilizzo. Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione la nuova direttiva dell'Unione Europea che ci aiuterà a definire ruoli e responsabilità oltre ai criteri di qualità dell'acqua. Un esempio: l'acqua che si usa per irrigare il mais non può essere della stessa qualità di quella che si usa per irrigare le fragole. Il mix tra cultura, normativa, investimenti e infrastrutture può portare ad un cambiamento di paradigma rispetto al riuso dell'acqua. Tutto ciò potrà permetterci di proteggere la vera “risorsa” che è l'acqua potabile, di falda, che al momento nel nostro territorio è protetta e vive un momento di equilibrio. Ma CAP, che è anche abbastanza avanti nei modelli previsionali, attraverso il proprio servizio geologico, è in grado di simulare l'andamento della falda, per cui sappiamo che il perdurare della siccità a lungo termine e la crisi climatica metteranno un giorno a rischio la nostra falda. Noi abbiamo una importante missione, quella di proteggere la falda di acqua potabile che costituisce meno dell'1% dell'acqua disponibile sul pianeta Terra. 

La crescita frenetica delle aree urbane e deicambiamenticlimatici hanno portato a un aumento dei fenomeni metereologici estremi. CAP ha scelto di mettere in campo le tecnologie più avanzate per fronteggiare le sfide future. In particolare il drenaggio urbano sostenibile o la gestione delle acque meteoriche al fine di ridurre il rischio idraulico e i frequenti fenomeni di allagamento urbano. Quanto è importante questo percorso e quali saranno i futuri investimenti di Gruppo Cap? 

Un tema decisivo questo, nella misura in cui affrontiamo il “cuore” degli effetti della crisi climatica. La crisi climatica è drammatica e, a mio parere, dovremmo smettere di parlare di “cambiamento” climatico perché il cambiamento può essere inteso anche in modo positivo. Siamo davanti, invece, ad una "crisi" climatica con effetti devastanti e con fenomeni metereologici estremi sempre più frequenti, come i nubifragi o le esondazioni. Dobbiamo essere consapevoli che si tratta di fenomeni irreversibili. Questo comporta che città, territori ed aziende siano chiamate a mettere in campo delle azioni di mitigazione e di adattamento a questi fenomeni che possano comunque evitare il peggioramento di questo stato di cose. Chi, come noi, gestisce il servizio idrico integrato ha una forte responsabilità sull'analisi e la gestione di questo “rischio” e può mettere in campo importanti misure di adattamento. Si tratta di misure che devono prendere in considerazione, per esempio, quanto i nubifragi, generando allagamenti, possano comportare un impatto diretto sulle infrastrutture, pubbliche e private, sugli impianti di depurazione delle acque e sul sistema fognario, sovraccaricandoli. In questo scenario non si può pensare di sovradimensionare le condutture di fognatura per gestire il carico specifico idraulico nei mesi con forti precipitazioni, perché poi ci saranno i periodi di siccità. Occorre invece ripensare la progettazione del nostro suolo, ipotizzando, per esempio, di de-impermeabilizzarlo. Noi abbiamo il territorio più impermeabile di Europa, ciò vuol dire che l'acqua, invece di penetrare nel suolo e ritornare in falda, scorre e finisce per allagare le infrastrutture. Se noi togliamo una quota di permeabilizzazione al terreno otteniamo la possibilità che l'acqua penetri nel sottosuolo e crei meno danni. Questo è ciò che stanno facendo molte città europee. Oggi si parla di “sponge cities”, città spugna, che permettono di garantire il drenaggio urbano. CAP, per esempio, ha alcuni progetti sperimentali finanziati dall'Unione Europea con focus nelle città spugna e sta anche lavorando con la Regione Lombardia per fare approvare un nuovo regolamento regionale di natura urbanistica sull'invarianza idraulica, in modo che chi “costruisce” debba prevedere anche una deimpermeabilizzazione del territorio, tale da consentire all'acqua di ritornare nella falda. L'altra strategia è quella di creare degli invasi, delle vasche che consentano di mettere a regime le acque. Queste vasche in laminazione possono assolvere due ruoli importanti: possono mettere in equilibrio i volumi delle acque meteoriche quando ci sono nubifragi e piene e possono anche svolgere un ruolo importante rispetto alla siccità. Infatti ad oggi raccogliamo solo l'11% dell'acqua piovana quando potremmo fare molto di più. Questi invasi potrebbero essere utilissimi ai fini agricoli o ai fini degli usi civili, così come le stesse acque depurate. In realtà noi abbiamo una scarsa cultura dell'acqua, poiché usiamo nella pulizia delle strade o nell'innaffiamento dei giardini l'acqua potabile. Si potrebbe invece utilizzare acqua piovana raccolta, acqua di prima pioggia o depurata. Purtroppo, per fare questo occorrono le infrastrutture, che ad oggi mancano. CAP, però, è molto impegnata sia in un programma di investimenti destinato a prevenire gli allagamenti sia nella realizzazione di oltre 57 Vasche Volano. Si tratta di investimenti importanti: 177 milioni a cui vanno aggiunti 120 milioni per gli investimenti su economia circolare e qualità dell' acqua depurata. Parliamo dunque di un ammontare di circa 300 milioni di euro fino al 2026, relativi ad investimenti che hanno un impatto sui temi della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. 

Oltre allo sviluppo di progetti guidati dai princìpi dell’economia circolare, per tutelare l’ambiente, in linea con il Pilastro innovatori del vostro Piano di sostenibilità, si segnalano il progetto dei “detective elettronici” per individuare gli scarichi illeciti e un più complesso sistema di sensoristica per la protezione da attacchi hacker. Di cosa si tratta? 

L' Innovazione tecnologica e la trasformazione digitale sono fattori fondamentali per la sostenibilità. Oggi non si può pensare a un tema di sostenibilità nel business senza attivare le leve della tecnologia. Noi abbiamo un obiettivo di tutela delle acque superficiali. Gestiamo i depuratori e il sistema fognario, dunque abbiamo l'obiettivo di controllare gli scarichi. Ma ci sono dei malintenzionati che scaricano abusivamente, in pubblica fognatura o in corso d'acqua, sostanze inquinanti. La tecnologia ci viene in soccorso. Abbiamo installato nei pressi dei nostri scarichi dei sensori dotati di un algoritmo in grado di stabilire la provenienza e la tipologia dell'“inquinante”, quindi di risalire all'azienda che potrebbe avere scaricato quel particolare inquinante. Noi governiamo circa 7000 km di fognatura e di tubi monitorati da sensori che ne rilevano la pressione, la temperatura, il flusso e quindi sono in grado di restituirci delle informazioni preziose riguardanti le perdite, i cali di pressione ed i guasti. Questo sistema di sensoristica permette ai nostri operatori sia di fare attività di controllo e manutenzione sia di effettuare analisi predittive, individuando i punti dove è necessario apportare dei miglioramenti tecnologici. Nel momento in cui andiamo a informatizzare il più possibile il sistema è chiaro che eso debba poi essere protetto da attacchi hacker e vada messo in sicurezza. 

Parliamo invece più esplicitamente di cambiamenti climatici. Quali sono gli sforzi del settore idrico verso la riduzione delle emissioni climalteranti? E che impatto può avere la Tassonomia UE? 

Come dicevo, sultema dei cambiamenti climatici e della crisi in corso tutte le imprese hanno un importante ruolo nel contribuire a svolgere azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica. Chi gestisce il servizio idrico integrato ha un ruolo molto preciso.Spesso si pensa che il servizio idrico integrato sia a basso impatto ambientale, ma così non è. Il servizio idrico integrato implica anche la gestione e il trasporto dell'acqua ma per farlo occorrono pompe ed energia elettrica. Il servizio idrico integrato consuma l'1% di tutti i consumi elettrici nazionali poiché è un'attività estremamente “energivora” e, di conseguenza fortemente emissiva. Il primo tema che tocca il servizio idrico integrato, rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici, è sicuramente la riduzione delle emissioni e su questo la tassonomia credo sia fondamentale. Nei momenti in cui ci dice quali sono le attività economiche che sono allineate ai primi due obiettivi - l' adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici - conseguentemente ci dice come i nostri impianti debbano ridurre drasticamente il loro tasso di intensità energetica, cioè la quantità di chilowatt che consumano per trasportare 1 metro cubo di acqua. E' evidente che la tassonomia contribuisca in modo forte affinché l'azienda prenda consapevolezza rispetto a quali siano gli obiettivi poiché essa è anche il punto di partenza di tutta la struttura normativa e dei requisiti che sono sottostanti al PNRR. Se si partecipa ad un bando finanziato dal PNRR si sa già che si deve sottostare, nella progettazione e costruzione della gara, ai requisiti che discendono dalla tassonomia. Consideri che un terzo dei costi del nostro fatturato viene speso per costi energetici, dunque esiste un tema anche di sostenibilità economica oltre che ambientale. Per un'industria così energivora, come quella del settore idrico, ridurre l'intensità energetica degli impianti, e conseguentemente i consumi, significa ridurre le emissioni e dare un contributo significativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Il recupero di materia, il recupero di energia, il recupero di nutrienti, la produzione di vettori energetici, l'uso del fango come vettore energetico, sono questi gli investimenti del futuro in un sistema idrico integrato che vanno nella direzione della mitigazione della crisi climatica riducendo le emissioni e attivando processi di economia circolare.

 

Chiara Proietti - Redazione watergas.it