ANBI, "Acque reflue utili per fronteggiare diminuzione piogge, ma servono norme chiare"

06 feb 2025
La crescita delle temperature nel Mediterraneo comporterà la riduzione del 12% dei giorni umidi, creando problematiche per le colture idroesigenti e portando all'estremizzazione degli eventi atmosferici.

Indispensabile fare chiarezza normativa e gestionale sull'utilizzo delle acque reflue depurate. Ad affermalo è Francesco Vincenzi, Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, intervenuto a Verona in un convegno dedicato all'ottimizzazione irrigua nell'ambito di Fieragricola Tech.

Nel dettaglio, si legge in una nota di ANBI, la progressiva tropicalizzazione del mar Mediterraneo e la crescita delle temperature sul suo bacino non comporteranno una significativa contrazione nei 300 miliardi di m3 di pioggia, che annualmente cadono sull’Italia, bensì la riduzione del 12% dei giorni umidi con conseguenti problematiche per le colture idroesigenti, nonché la contestuale concentrazione degli eventi atmosferici, favorendone l’estremizzazione.

In questa nuova situazione, sostiene dunque Vincenzi, diventa ancor più importante la gestione delle risorse idriche non solo a servizio dell’uomo, dell’agricoltura e dell’industria, ma della società nel suo complesso, a causa dei molteplici interessi che ormai gravano sulla disponibilità d'acqua, come quelli energetici, ambientali, turistici e del tempo libero.

"Accanto alla necessità di nuovi invasi multifunzionali, ricordiamo ancora una volta il Piano di ANBI e Coldiretti, necessari per aumentare la percentuale dell’11% d’acqua piovana attualmente trattenuta sui territori.  Chiediamo chiarezza, ribadendo che non possono essere scaricati sui Consorzi irrigui e quindi sull’agricoltura, né i necessari investimenti sugli impianti di depurazione, né alcuna responsabilità sulla qualità anche ambientale  delle acque distribuite e per le quali si chiede la certificazione di un ente terzo indipendente", continua Vincenzi.

Inoltre, il presidente precisa che la massa d’acqua reflua utilizzabile non è di 9 miliardi di metri cubi, bensì indicativamente della metà, poiché l’altro 50% dipenderà dall’azione depurativa di piccoli impianti privi della necessaria rete distributiva, e che per questo motivo è già in atto una sperimentazione con una grande multiutility volta a ricercare il giusto punto di equilibrio.