Watergas.it intervista Viviana Cigolotti, nominata nei giorni scorsi alla guida della European Fuel Cells and Hydrogen Piero Lunghi Conference (EFC23). Cigolotti è responsabile ENEA del Laboratorio di Accumulo di energia, batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno.
Per un vero rilancio del settore dell’idrogeno, alcune barriere devono ancora essere abbattute, attraverso una serie di azioni: definizione di una roadmap italiana; costruzione di un quadro legislativo/regolatorio e normativo/tecnico di riferimento chiaro e di facile applicazione, soprattutto nell’ambito della sicurezza; attuazione di schemi di incentivazione sulle tecnologie a emissioni zero.
E’ quanto evidenzia in questa intervista rilasciata a Watergas.it, Viviana Cigolotti, nominata nei giorni scorsi alla guida della European Fuel Cells and Hydrogen Piero Lunghi Conference (EFC23), una delle più importanti conferenze internazionali sull’idrogeno, organizzata da ATENA ed ENEA, in collaborazione con le Università di Napoli Parthenope e di Perugia, che quest’anno si svolgerà in Italia, a Capri (Napoli), dal 13 al 15 settembre 2023 (v. notizia a parte).
In ogni caso, rassicura Cigolotti, “nonostante qualche recente segnale di scetticismo, siamo comunque sulla buona strada. Il percorso dell’idrogeno ormai è avviato, e non si tornerà indietro”.
Cigolotti poi ci parla dei progressi tecnologici e dei risultati raggiunti nel settore idrogeno, con esempi di best practice nell'hard-to-abate e nei trasporti pesanti, su gomma e ferro, soffermandosi sulle sfide ancora aperte, e infine traccia un confronto con gli altri Paesi europei.
Può illustrarci gli obiettivi e i temi al centro della EFC23?
La European Fuel Cells and Hydrogen Piero Lunghi Conference (EFC23 – www.europeanfuelcells.com) è un appuntamento oramai consolidato nella comunità scientifica coinvolta nelle tematiche della produzione e utilizzo dell’idrogeno nella transizione energetica sin dal 2005. La Roadmap to Net Zero by 2050 dell’AIE identifica un percorso che porterebbe il settore energetico mondiale a raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050, offrendo un’ottima opportunità per limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C. In questo percorso la produzione di idrogeno e lo sviluppo delle tecnologie coinvolte nella filiera, sono destinate a crescere in maniera esponenziale,
trovando una concretizzazione in ambito nazionale, europeo e mondiale, al fine di raggiungere i target di decarbonizzazione prefissati; in questo contesto, la EFC23 si propone come occasione per presentare i più recenti progressi tecnologici nel campo, per condividere i risultati delle proprie ricerche e confrontarsi con il mondo politico e industriale, impegnato in prima linea nella nuova economia dell’idrogeno.
Lo scopo della conferenza è fornire risposte alle molteplici questioni aperte che continuano a mettere alla prova la comunità scientifica impegnata nella ricerca sulle celle a combustibile, delineando un quadro chiaro dello stato dell’arte, delle prospettive a breve, medio e lungo termine, individuando strategie, obiettivi ed opportunità, promuovendo al contempo una collaborazione sistematica tra industria, enti di ricerca ed istituzioni.
L’evento si articolerà in una sessione plenaria, che si terrà il giorno 13 settembre e sessioni scientifiche parallele nei giorni a seguire.
Può farci il punto in particolare sui progressi tecnologici e i risultati raggiunti nel settore idrogeno?
Negli ultimi anni, ci sono stati significativi progressi tecnologici nel settore dell'idrogeno, sia in termini di produzione e stoccaggio, che di trasporto e di utilizzo.
L'interesse verso l'idrogeno come vettore energetico pulito ha portato a finanziamenti e investimenti rilevanti. I governi, le aziende e gli investitori privati stanno destinando risorse considerevoli per lo sviluppo e l'implementazione di tecnologie dell'idrogeno, al fine di creare un’economia basata sull'idrogeno e promuovere una transizione energetica sostenibile.
L’aumento dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili previsto per raggiungere gli obiettivi al 2030 e 2050, collegato alla non programmabilità della produzione da FER, renderà il vettore idrogeno prodotto tramite elettrolisi un elemento cardine per la resilienza del futuro sistema energetico europeo e mondiale. Questo alla luce anche del fatto che alcuni processi industriali, i cosiddetti “hard to abate”, difficilmente potranno essere decarbonizzati con un’elettrificazione diretta.
La produzione attuale di idrogeno, che ammonta a circa 90 Mt/year, è quasi interamente coperta da combustibili fossili e soltanto lo 0,7% dell’idrogeno prodotto è a basse emissioni di carbonio (Global Hydrogen Review 2022, IEA). Tuttavia, l’incremento di produzione di idrogeno a basse emissioni è esponenziale (più 20% solo dal 2020 al 2022) e la numerosità di progetti dimostrativi in pipeline fa pensare che entro il 2030 circa il 30% dell’idrogeno proverrà da elettrolisi alimentata da rinnovabili oppure da metodi convenzionali con cattura della CO2 (rispettivamente idrogeno verde e blu). L’industria nazionale della filiera dell’idrogeno, che comprende produzione, stoccaggio, trasporto e utilizzi finali, può dare un contributo di rilievo alla realizzazione dell’infrastruttura e del mercato necessario a rendere l’economia dell’idrogeno una concreta realtà a livello europeo. Le opportunità di sviluppo della filiera sono notevoli, soprattutto alla luce delle politiche dichiarate della Commissione Europea, dove fra l’altro l’idrogeno è citato esplicitamente come fattore abilitante al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di prosperità dell’economia europea.
Qualche esempio concreto di best practice nei settori industriali hard-to-abate e nei trasporti pesanti, su gomma e ferro?
L'Unione Europea ha confermato il regolamento che prevede lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel al 2035; dopo quella data gli unici motori endotermici che potranno essere ancora prodotti e venduti saranno solo quelli alimentati con gli e-fuels. Nel futuro del settore del trasporto in Europa si intravedono, quindi, due soli grandi protagonisti: l’elettrico e l’idrogeno (quest’ultimo appartenente alla categoria degli e-fuels)”. Alcuni dei vantaggi della mobilità a idrogeno (facilità e velocità di ricarica ed elevata autonomia dei veicoli) consentono di colmare i gap tecnologici dei veicoli elettrici a batteria - che ad oggi ne limitano l’impiego prevalentemente al trasporto urbano - rendendo l’idrogeno un carburante potenzialmente protagonista nei viaggi a lunga percorrenza.
Per questo motivo, il settore dei trasporti, responsabile di un terzo delle emissioni di CO2 in Europa, potrebbe trarre giovamento dall’impiego di idrogeno quale sostituto dei combustibili fossili, per favorire la transizione green del trasporto pesante (truck, material handling, ferroviario, marittimo ed in futuro aereo) in cui i motori elettrici potranno difficilmente essere alimentati da batterie per via degli eccessivi ingombri e delle ridotte autonomie. L’idrogeno potrà essere utilizzato come combustibile a zero emissioni di carbonio sia nei tradizionali motori a combustione interna, in quanto appartenente alla categoria degli e-fuels, sia nei veicoli elettrici con celle a combustibile utilizzate in sostituzione delle batterie.
Le celle a combustibile, analogamente alle batterie, sono dei dispositivi elettrochimici che trasformano l’energia chimica in energia elettrica, per mezzo di una reazione che combina l’idrogeno con l’ossigeno dell’aria ottenendo come unico prodotto di scarto acqua. Ma a differenza delle batterie, garantiscono tempi di ricarica confrontabili con gli attuali carburanti tradizionali ed autonomie maggiori. Il percorso dell’idrogeno, e degli e-fuels in generale, è ormai avviato, e non si tornerà indietro. La transizione energetica sarà ineludibile, perché imposta dagli obblighi dei regolamenti europei in fase di approvazione (relativo alle emissioni di CO2 dei veicoli stradali leggeri e pesanti, ReFuelEU Aviation, FuelEU Maritime). Sarà, quindi, necessaria un’azione di programmazione e pianificazione governativa per guidare la trasformazione tecnologica dell’intero settore dei trasporti sia per quanto riguarda i mezzi che le infrastrutture.
A questo proposito si riporta la tabella riassuntiva dei risultati del Rapporto STEMI commissionato dall’ora MIMS, ora MIT, di giugno 2022. Per quanto riguarda invece l’utilizzo del vettore idrogeno nell’industria pesante, ad oggi, l’utilizzo dell’idrogeno verde costituisce la migliore soluzione per la decarbonizzazione dei settori industriali “hard-to-abate”, i settori industriali energivori in cui è difficile abbattere le emissioni di gas serra, perché non è possibile sostituire il metano con forme di elettrificazione (e.g. acciaierie, raffinerie, vetrerie, ceramiche). Alcuni esempi virtuosi di utilizzo dell’idrogeno verde per decarbonizzare questi settori sono già in fase di lancio in Italia: un esempio interessante di utilizzo dell’idrogeno all’interno di un’acciaieria è il progetto Sicilian Sustainable Steel realizzato dalla società Acciaierie di Sicilia, del gruppo Alfa Acciai, in collaborazione con Enel Green Power nel quale si prevede l’installazione di un elettrolizzatore in grado di sostituire con l’idrogeno verde il 30% del gas naturale attualmente impiegato nel forno di riscaldo del laminatoio.
Nel settore della raffinazione degli idrocarburi invece la società Sardhy green hydrogen intende realizzare un impianto per la produzione di 20MW di idrogeno verde diretto alla raffineria di Saras, in Sardegna, con lo scopo di ridurre l’emissione di gas serra dei processi di raffinazione. Altri esempi di applicazione dell’idrogeno verde nel settore industriale sono il progetto Murano volto a studiare la fattibilità di sostituire il gas naturale con idrogeno verde nei forni fusori per la produzione di vetro artistico e l’esperienza di Iris Ceramica Group, in collaborazione con SNAM per realizzare la prima fabbrica ceramica al mondo concepita e progettata per funzionare ad idrogeno verde.
Quali sono invece le sfide ancora da affrontare?
Nonostante il mercato della filiera dell’idrogeno abbia un grande potenziale, esistono ancora alcuni fattori limitanti per un suo completo sviluppo, primo fra tutti il costo elevato, il cui abbattimento dipende da due variabili principali: una di tipo tecnologico e l’altra legata alla definizione di una adeguata politica industriale.
Le criticità tecnologiche riguardano principalmente i costi di produzione (con particolare riferimento ai componenti elettrochimici), ma anche l’assenza di infrastrutture di distribuzione e stoccaggio dell’idrogeno che ne permettano una larga diffusione, con conseguente riduzione dei costi per effetto di scala. Il secondo aspetto riguarda la necessità di una strategia nazionale sul ruolo dell’idrogeno che dia sicurezza agli investitori e ai first movers, insieme alla definizione di politiche coerenti di incentivazione e disincentivazione, di regolazione e normative/autorizzative. Un fattore chiave per la penetrazione dell’idrogeno sarà sicuramente lo sviluppo di tutte le tecnologie afferenti alla catena del valore dell’idrogeno soddisfacendo i criteri di sostenibilità, competitività economica, protezione dell'ambiente e sicurezza dell'approvvigionamento energetico. La ricerca dovrà supportare lo sviluppo dell’intera filiera tecnologica; individuando priorità di ricerca a breve, medio e lungo termine in funzione della attuale maturità delle specifiche tecnologie, della disponibilità di rinnovabili, della prontezza di quei settori che rappresentano la domanda di idrogeno (industria, mobilità e trasporto, civile e residenziale, generazione di energia).
In questo ambito gli obiettivi a breve termine si riferiscono alle esigenze di ulteriore ricerca, sviluppo e dimostrazione di materiali e di tecnologie di produzione, accumulo e utilizzo pronte per lo scaling-up dei sistemi; gli obiettivi a medio termine si riferiscono all'ulteriore sviluppo di tecnologie e processi che sono stati validati a livello di laboratorio; infine gli obiettivi a lungo termine si riferiscono alla ricerca di frontiera in grado di fornire soluzioni “disruptive” per diverse applicazioni.
Alcune sfide sono ritenute prioritarie: favorire la ricerca fondamentale ed applicata per sviluppare innovazioni al fine di affrontare le sfide scientifiche e tecnologiche del settore e sviluppare nuove tecnologie fondanti; sviluppare nuovi materiali e processi in grado di ridurre i costi delle tecnologie e nello stesso tempo di favorirne l’aumento delle prestazioni, dell’affidabilità, della durata e della sicurezza; integrare la produzione di idrogeno nel sistema energetico, garantendo così un efficace “sector coupling”; incrementare il ruolo dell'idrogeno in un contesto di economia circolare. Infine, aumentare la resilienza del sistema energetico creando economie decentralizzate basate sull’idrogeno verde.
Tra le diverse tecnologie che appartengono alla complessa filiera dell’idrogeno, un ruolo di primo piano è rappresentato sicuramente dalle tecnologie per la produzione di idrogeno verde. L'elettrolisi dell'acqua alimentata con energia rinnovabile appare come una delle tecnologie più promettenti in termini di sostenibilità e affidabilità, per il suo eccellente comportamento dinamico e la capacità di produrre idrogeno pressurizzato ed estremamente puro (>99,99%).
In generale, per promuovere un effettivo avanzamento rispetto allo stato dell’arte nel settore della produzione di idrogeno verde, è necessario promuovere lo sviluppo tecnologico e la diffusione di elettrolizzatori alimentati da energia rinnovabile ed il bilanciamento della rete, aumentare le prestazioni e ridurre i costi per facilitare l'aumento del fattore di scala e di capacità degli elettrolizzatori, sviluppare nuovi materiali funzionali non critici, ovvero catalizzatori che non contengono metalli preziosi, membrane polimeriche possibilmente di nuova generazione, materiali ceramici non contenenti terre rare.
Oltre gli aspetti puntuali specifici per ogni tipologia di elettrolisi, la ricerca dovrà favorire anche il miglioramento del grado di integrazione tra elettrolizzatori commercialmente disponibili e fonti rinnovabili discontinue per la produzione di idrogeno verde; lo sviluppo di strumenti e metodi per il monitoraggio, la diagnostica e il controllo dei sistemi di elettrolizzatori; la diminuzione di CAPEX e OPEX degli elettrolizzatori a bassa e alta temperatura, tramite miglioramento dell’efficienza di conversione e aumento della vita utile degli stack; la messa a punto di protocolli di testing, finalizzati al controllo qualità di stack per elettrolizzatori commerciali e di nuova concezione.
Tuttavia, è importante sottolineare che ci sono ancora sfide da affrontare, come l’abbattimento del costo dell'idrogeno, lo stoccaggio a lungo termine, la riduzione delle emissioni associate alla produzione di idrogeno verde e la creazione di una rete di infrastrutture più estesa. Nonostante queste sfide, i progressi nel settore dell'idrogeno offrono un'importante opportunità per ridurre le emissioni di carbonio e promuovere l'uso di fonti energetiche pulite.
Lei è anche responsabile del Laboratorio di Accumulo di energia, batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno. Sul fronte accumulo come stiamo messi?
L’accumulo elettrochimico è sicuramente una tecnologia chiave per la transizione energetica e per rispettare gli ambiziosi obiettivi posti dall’Europa. Le batterie in particolare sono fondamentali per il passaggio ad un sistema sempre più “elettrificato” e per un uso efficiente delle energie rinnovabili.
Le batterie a Litio-ione sono state non a caso protagoniste negli ultimi decenni, e il Nobel nel 2019 a tre dei suoi padri ne è forte testimonianza, abilitando un grande salto tecnologico in moltissimi ambiti: dall’elettronica di consumo, alle macchine elettriche, all’accumulo stazionario.
Attualmente le batterie Li-ione commerciali sono di diverse tipologie e hanno diverse prestazioni, che si adattano meglio ai diversi scopi applicativi. In commercio ci sono le batterie di prima generazione (come le LFP ovvero Litio-ferro-fosfato) fino alla generazione 3a dove i materiali elettrodici sono a più alta densità di energia (come NMC, Nichel-Manganese-Cobalto).
I materiali cosiddetti “attivi” (e cioè quelli che partecipano in maniera diretta alla reazione di ossido-riduzione o di intercalazione che genera il flusso di elettroni) infatti, sono responsabili delle performance finali della batteria, non solo in termini energetici ma anche in termini di sostenibilità ambientale ed economica. Ad esempio, il costo di una cella dipende al 65% dal costo dei materiali utilizzati.
L’aspetto della sostenibilità ambientale legato ai materiali che costituiscono il cuore della batteria non è per nulla banale perché molti di essi sono annoverati negli elenchi dei “critical raw materials”: quelle materie prime che, sia per scarsa abbondanza che bassa reperibilità per il mercato europeo, sono state identificate come critiche.
La ricerca sulle batterie Li-ione tiene quindi conto di tutte queste premesse e si sta muovendo sia per abbassare i costi e il contenuto di CRM nelle batterie Li-ione, sia per aumentarne le densità di energia o potenza per adattarsi ad applicazioni sempre più esigenti.
Tecnologie meno mature delle attuali, come ad esempio le sodio-ione, le litio-zolfo, le metallo-aria, sono allo studio in tutto il mondo come sostituti delle Li-ione. Inoltre, è fortemente incoraggiato e ricercato un approccio circolare, in cui si tenga conto anche del recupero delle materie prime a fine vita della batteria.
Nel nostro laboratorio lavoriamo su tutti gli aspetti sopra elencati, sempre dal punto di vista dello sviluppo di nuovi materiali che siano meno costosi, più sostenibili e più performanti, sia per le batterie Li-ione sia per le altre chimiche come le Na-ione. Attraverso strette collaborazioni con più di 10 dipartimenti universitari italiani, vengono anche investigati ulteriori aspetti (come il direct recycling) o altre chimiche innovative (come le batterie allo stato solido o le Li-aria o le batterie “anodeless”). Gli studi sono condotti sia attraverso sintesi e caratterizzazione sperimentale di nuovi materiali sia attraverso lo studio dei meccanismi che avvengono dentro la cella con strumenti computazionali.
Pensa che ci sia sufficiente collaborazione di sistema tra industria, enti di ricerca e istituzioni?
La collaborazione tra industria, enti di ricerca e istituzioni nel settore dell'idrogeno è fondamentale per affrontare le sfide tecnologiche, accelerare l'innovazione e creare un ambiente favorevole all'adozione dell'idrogeno come vettore energetico pulito. Questa collaborazione continua a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo e nell'implementazione delle tecnologie dell'idrogeno a livello globale.
Questa collaborazione si è intensificata negli ultimi anni, portando a importanti risultati e progressi. L'industria, gli enti di ricerca e le istituzioni accademiche collaborano da tempo per condurre ricerche e sviluppare soluzioni innovative per la produzione, lo stoccaggio, il trasporto e l'utilizzo dell'idrogeno. Nel tempo sono stati realizzati progetti di dimostrazione per testare nuove tecnologie e valutarne la fattibilità e l'efficacia in situazioni reali, anche al fine di trasferire conoscenze e tecnologie sviluppate nella fase di ricerca e sviluppo.
La collaborazione tra industria, enti di ricerca e istituzioni può contribuire alla definizione di standard tecnici e normative nel settore dell'idrogeno. Questi standard sono fondamentali per garantire la sicurezza, l'interoperabilità e la compatibilità delle tecnologie e delle infrastrutture dell'idrogeno. Inoltre, le istituzioni possono svolgere un ruolo importante nel supportare lo sviluppo di politiche e regolamentazioni che favoriscano l'adozione dell'idrogeno come soluzione energetica.
La filiera delle tecnologie dell’idrogeno è complessa e articolata poiché copre diverse applicazioni (produzione, accumulo, trasporto e distribuzione, usi finali) e diversi settori di interesse (energia, industria, mobilità, residenziale). Ne consegue che i fattori tecnologici su cui andare ad incidere sono ancora numerosi e possono essere diversi ed avere soprattutto obiettivi diversi (riduzione dei costi, utilizzo di materiali meno critici, flessibilità operativa).
Sicuramente il settore della produzione dell’idrogeno è quello su cui è rivolta la maggiore attenzione. Accanto al miglioramento delle tecnologie esistenti la ricerca è attiva anche sullo sviluppo di tecnologie di produzione idrogeno innovative che non contemplano solo i processi elettrolitici ma anche quelli termochimici, comunque integrati con fonti di energia rinnovabile.
Supportare lo sviluppo della filiera legata alla produzione di idrogeno sarebbe poco significativo se in parallelo non si facesse crescere la domanda di idrogeno garantendo ricerca e innovazione quindi in tutti i settori di utilizzo finale dell’idrogeno: mobilità (trasporto su gomma degli autobus e dei mezzi pesanti, material handling, trasporto ferroviario e marittimo), decarbonizzazione dei carburanti (combustibili green ottenuti dalla combinazione di idrogeno, ottenuto dal surplus di rinnovabili, con la CO2 da effluenti industriali o da impianti a biogas/biometano), settore industriale, settore termico residenziale.
Rispetto agli altri Paesi Ue, l’Italia come si posiziona nel settore idrogeno?
L’Italia è nella posizione di poter generare l’innovazione e di accelerare la diffusione sul mercato dell’idrogeno, facendo leva sul proprio estro creativo e leadership tecnologica in molti settori manifatturieri in grado di recepire il cambiamento e riadeguare le proprie infrastrutture produttive (ad esempio il cluster termico e meccanico, già oggi si identificano tra i primi due produttori continentali di tecnologie termiche e meccaniche e di impianti e componenti potenzialmente utilizzabili per l’idrogeno). Fondamentale risulta la collaborazione con il mondo della ricerca, impegnata nello sviluppo di soluzioni innovative, nuovi materiali, componenti e sistemi con obiettivi di riduzione dei costi, aumento dell’affidabilità, dell’efficienza, della durata e della sicurezza, elementi prioritari per lo di scaling-up delle nuove tecnologie.
Bisogna però considerare che la maturità tecnologica e la presenza di un’industria pronta a “convertirsi” al nuovo vettore energetico sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Alcune barriere devono ancora essere abbattute, attraverso una serie di azioni: definizione strategia/roadmap italiana sull’idrogeno; costruzione di un quadro legislativo/regolatorio e normativo/tecnico di riferimento chiaro e di facile applicazione, soprattutto nell’ambito della sicurezza; attuazione di schemi di incentivazione sulle tecnologie a emissioni zero.
Nonostante qualche recente segnale di scetticismo, siamo comunque sulla buona strada. Il percorso dell’idrogeno ormai è avviato, e non si tornerà indietro. Stiamo parlando di un processo di transizione che richiederà gradualità e obiettivi intermedi per arrivare nel tempo ad abbandonare i combustibili fossili e lasciare sempre più spazio alle fonti e ai vettori rinnovabili.
Intervista di Elena Veronelli