
Articolo di Pierpaolo Signorelli.
A dispetto delle attese d’inizio inverno, il prezzo del gas in Europa ha ripreso a salire sia per effetto del freddo, tornato intenso a dicembre, sia per quello della speculazione. In questi giorni il costo della materia prima per il Future in consegna sulla borsa olandese TTF è salito ben oltre la soglia di allarme di 50€ a MWh e sembra non mollare la presa.
Il Governo italiano è, comprensibilmente, molto preoccupato, non tanto o solo, per la stagione in corso – il livello degli stoccaggi è buono e si aggira intorno al 62% – quanto piuttosto sui costi di ripristino delle scorte che normalmente avviene nel semestre aprile–ottobre. In effetti, le temperature rigide nell’Europa del centro nord hanno fatto impennare i consumi e abbassato sensibilmente le disponibilità delle riserve europee scese sotto la soglia del 55%. Si teme quindi che ci sia “una corsa al riempimento”, con inevitabili ripercussioni sui prezzi ab origine, ossia sin dal primo riempimento estivo, quando invece, mediamente, i prezzi sono più contenuti rispetto alla stagione invernale.
Per evitare un simile scenario è stato autorizzato, con due mesi di anticipo, l’inizio della fase di riempimento al fine di scontare i prezzi migliori che si possano trovare su tutto il mercato. L'operazione trova altresì un’altra causa nel fatto che i flussi di import dalla Russia sono stati azzerati per definitiva chiusura del passaggio da parte dell’Ucraina. E questo non è un problema da poco, considerati i livelli di dipendenza dalle importazioni di energia dell’Europa (58,3%) e, soprattutto dell’Italia (77,5%). E, al momento, non è noto se e come sarà possibile ripristinare i flussi gas di provenienza russa, consapevoli del fatto che sono numerose le difficoltà sia politiche che di mercato, come il protagonismo degli USA nel commercio del GNL.
Su quest’ultimo punto l’elezione di Trump ha complicato le cose, poiché se nel 2021 gli Stati Uniti pesavano per il 27% sulle importazioni UE di GNL, sono saliti al 48% in progressiva compensazione dei contenimenti dalla Russia. Il nuovo presidente americano pensa di chiedere all’Europa un trade off fra dazi sulle merci europee e livelli importazioni GNL; e questo “do ut des” sarà possibile se non riprendano le esportazioni russe via tubo verso l’Occidente.
L’elemento esiziale è che il gas nel settore della mobilità è il vettore strategico per riuscire a raggiungere un’economia a zero impatto ambientale, prevista in Europa per il 2050. Passaggio intermedio fondamentale, difficile da centrare, specie nel contenimento di costi aggiuntivi, sarà quello fissato al 2030. Al riguardo, i due nodi fondamentali sono il rimpiazzo del termoelettrico con le fonti rinnovabili, operazione su cui siamo da tempo incammino con buoni risultati, benché molto costosi. E l’alimentazione del trasporto navale e terrestre pesante, dove la scelta è caduta sul gas, perché per costi e per maturità della tecnologia è immediata eseguibilità. Peraltro l’Italia è un paese storicamente capofila nell’utilizzo, i più diversi, del metano.
Quello da affrontare è un cambio di paradigma autentico, non un semplice adattamento, che comporterà la costruzione di bunkeraggi, trasformazioni portuali, potenziamento di stoccaggi. La complessità si prospetta evidente, sia tecnica che economica, cominciando dalle agitazioni del mercato del gas, che si sta rivelando in questo terzo decennio del 21° secolo, molto più turbolento di quanto non lo fosse nel primo o nel secondo, rendendo il piano di approvvigionamento generale del paese più costoso e rischioso. In aggiunta, si prospetta nelle previsioni dei consumi energetici di una crescita molto importante, impensabile in epoca pre-covid, che renderà lo scenario molto più incerto.
Ai microfoni di Radio 1, in una recente intervista, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Fratin, ha espresso le sue preoccupazioni dichiarando che "Abbiamo la domanda di energia che secondo le previsioni esploderà nei prossimi anni: tanto che, nei prossimi 20 anni, avremo un raddoppio della richiesta! Nel 2024 abbiamo avuto un consumo di energia elettrica di 312 miliardi di chilowattora. Le previsioni inserite nel piano danno al 2050 un consumo di 680 miliardi.
Oggi, a un anno e mezzo da quest’analisi forse stiamo in difetto perché la domanda sta’ esplodendo. Basta vedere cosa sta accadendo con i data center e l'intelligenza artificiale".
A ben vedere, non saranno i consumi energetici generali che esploderanno, quanto quelli elettrici, in sostituzione degli idrocarburi, come nel caso del trasporto privato che sta progressivamente passando alla vettura plug-in ed elettrica pura. Inoltre, sono accertate le richieste di connessione alla rete elettrica italiana da parte dei centri dati per l’intelligenza artificiale e le attività online sono aumentate di 20 volte in termini di potenza negli ultimi tre anni. È verosimile ritenere che l’andamento sarà durevole e non occasionale; al riguardo, è stato ascoltato alla camera il 22 gennaio u.s., Mauro Caprabianca, responsabile della struttura di pianificazione territoriale di Terna, il quale ha ribadito le importanti sfide “per la gestione efficiente ed economica del sistema elettrico” confermando che il comparto di domanda dei data center legati all’AI è “in crescita esponenziale”.
Tuttavia, la situazione non è ancora definita nella sua criticità. Infatti, sono piuttosto noti gli andamenti energetici relativi ad una nuova tecnologia, specie informatica: inizialmente salgono in modo elevato, poi degradano fino ad attestarsi, a seguito della loro diffusione in vari paesi, ottimizzano consumi e costi. Si stima che se la domanda di energia dei data center raddoppiasse o triplicasse, loro consumi rimarrebbero comunque attorno al 5-6% del fabbisogno mondiale. Che certamente non è poco, anche perché si tratta di una domanda addizionale e non suppletiva, ma è sicuramente gestibile.
Quello che invece va tenuto presente non è tanto o solo il dato settoriale, ancor meno, quello di comparto, quanto piuttosto quello di sistema, in questo caso il mercato gas euro-mediterraneo e mondiale. E qui le aspettative sono serie perché confluiscono pressioni diverse che provocano innalzamento dei prezzi e rarefazione delle disponibilità a pronti. Nel dettaglio si ravvisa una stasi nell’attività di liquefazione dei principali Paesi esportatori di Gnl, un contenimento della produzione di gas a livello globale e il ritorno della crescita nei mercati asiatici: in sintesi uno squilibrio non occasionale fra Domanda crescente e Offerta non adeguatamente reattiva.
È in questo scenario complesso e incerto che si deve sviluppare per l’Italia e gli altri paesi europei il difficile processo di transizione energetica. In particolare i porti svolgeranno sempre più negli anni a venire il ruolo di centri strategici dove potersi rifornire di GNL e biocarburanti, dove generare energia da FER e favorire la costituzione di hub energetico per l’Italia per tutta la zona euro-mediterranea.
Il nostro Paese dispone di 8000 km di costa, 58 porti e 16 adSP, ed è posizionato in modo strategico lungo rotte marittime cruciali per il trasporto di container e navi da crociera. I porti individuati ospitano anche numerose navi traghetti e Ro-Ro Terminals, rendendoli ideali per sviluppare un hub di bunkeraggio GNL competitivo.
Tuttavia, a livello paese siamo indietro, soprattutto in riferimento ai nostri diretti concorrenti europei (Francia e Spagna). Attualmente, solo 3 porti hanno un’ordinanza per il bunkeraggio GNL: La Spezia, Monfalcone e Trieste.
Come ricordato nel recente convegno di Assocostieri, per dare vita al piano di sviluppo infrastrutturale necessario alla riconversione della flotta civile italiana occorre una concertazione durevole di sistema fra i diversi soggetti coinvolti:
- le aziende energetiche italiane, per creare una rete di infrastrutture e di bunker lungo la costa italiana
- gli armatori, nell’approntare una flotta articolata rispondente alle nuove normative;
- le autorità competenti, nel definire una normativa nazionale per il bunkeraggio GNL che dia certezze operative agli investitori, agevolandoli con costi portuali ridotti per i mezzi GNL;
- gli operatori del credito, mediante finanziamenti mirati che siano certi nei costi e duraturi nei tempi;
- lo Stato italiano rappresentando le istanze di tutti i soggetti coinvolti (investitori, armatori, lavoratori) a Bruxelles, riuscendo ad affermare la via della ragionevolezza, davanti alle richieste, a volte troppo rigide, dell’UE, specie in ordine al “timing” delle operazioni da compiersi.
Le infrastrutture degli associati nella logistica del GNL in Italia
Si rileva come fondamentale, in un piano così impegnativo, l’armonizzazione temporale fra i vari attori, affinché la crescita, oltre ad essere possibile, sia commisurata alla domanda effettiva di gas. Questo è un punto delicato perché gli squilibri fra domanda e offerta – questa volta ingranditi dalla richiesta esponenziale dei nuovi vettori – si risolverebbero gravosamente sul prezzo; perciò se la domanda di gnl crescesse troppo in fretta rispetto alle disponibilità di erogazione, aumenterebbe sensibilmente il costo dei carburanti e riflettendosi fino all’utente finale. Al contrario, se la crescita fosse lenta potrebbe pericolosamente ritardare l’installazione di rigassificatori e bunker.
C’è poi un’altra questione. L’Italia è ancora un paese molto centrato sul gas (termoelettrico, industria, residenziale ecc.) che giunge prevalentemente via tubo. I due sistemi, rigassificatori e bunkeraggi portuali, da una parte, e campi di stoccaggio e rete terrestre, dall’altra, sono interconnessi. Perciò, nel caso di squilibri fra domanda e offerta, sarebbe possibile ricorrere agli stoccaggi di terra e viceversa, facendo impennare nuovamente i prezzi, ma questa volta per impieghi diversi da quello dei trasporti. Quest’ultima ipotesi si affermerebbe come maggiormente probabile a far data dal 2027, anno dell’introduzione del European Trade System (ETS) che coinvolge tutti i paesi europei. Sarebbe dunque possibile che nell’affannosa rincorsa verso la riconversione al GNL, le ulteriori richieste di gas provengano anche dagli altri paesi europei che potrebbero essere serviti o dai nostri buncheraggi, ovvero via tubo con l’inversione di flusso.
Al fine di scongiurare un simile scenario, occorre ripristinare rapporti commerciali con la Russia a seguito di una pace, giusta e duratura con l’Ucraina. In tal senso, l’Italia può effettuare un’azione di determinazione in tutte le sedi, sia europee che internazionali affinché i rapporti con la Russia tornino al più presto alla normalità. Se in tal senso si riuscisse, le paventate azioni di Trump sui dazi e sulle forniture di GNL verrebbero a scemare.
Viceversa, se proseguisse l’attuale condizione di stallo, lo scenario di rischio si affermerebbe come altamente verosimile. In tale ottica una risposta alternativa potrebbe essere data dal bio-gnl di produzione europea. Tuttavia, sono incerte le tempistiche e le quantità di realizzo perché si passerebbe su una scala continentale. L’Italia è ben posizionata nella produzione dei biocarburanti in genere, però sussistono limiti dimensionali e temporali, che dovranno essere sciolti. Forse, proprio l’Ucraina potrebbe risultare un ottimo partner nella produzione di bio-gnl.
La sfida della decarbonizzazione è ancora agli inizi, ma le decisioni adottate nel prossimo triennio condizioneranno lo sviluppo di questo settore strategico e del resto dell’economia per più lustri.