Eni ritiene che il gas naturale abbia un ruolo nel percorso di transizione energetica verso il 2050, grazie alla sua convenienza, affidabilità, versatilità e al basso contenuto di carbonio rispetto ad altri combustibili fossili. Tuttavia, è necessario un intervento globale per eliminare le perdite di metano lungo tutta la catena del valore del gas naturale. Articolo di Monica Dall'Olio
L'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) e la Presidenza della COP29 hanno riunito il 24 settembre a New York decisori di tutto il mondo per discutere su come governi e industrie possano realizzare le loro ambiziose promesse di ridurre drasticamente le emissioni di metano nel settore energetico.
Circa 100 persone – tra cui ministri, alti dirigenti e capi di organizzazioni internazionali – hanno partecipato all'evento “Turning Methane Pledges Into Action”, che si è svolto durante l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la Climate Week NYC. Nel corso dei lavori presieduti dal Direttore Esecutivo della IEA Fatih Birol e dal Presidente Designato della COP29 Mukhtar Babayev, i partecipanti hanno evidenziato i piani d'azione che paesi e aziende stanno sviluppando, così come il modo in cui le istituzioni finanziarie e una maggiore collaborazione regionale potrebbero supportare l'attuazione degli impegni di riduzione del metano.
Il metano, sottolinea una nota della IEA, è responsabile di circa il 30% dell'aumento delle temperature globali dall'inizio della Rivoluzione Industriale. Le emissioni del settore energetico sono rimaste vicine a un livello record nel 2023, sebbene le significative politiche e normative annunciate nell'ultimo anno, così come i nuovi impegni emersi dal vertice sul clima COP28 di Dubai, abbiano il potenziale per farle diminuire presto. Proprio in quell’occasione quasi 200 paesi si sono impegnati a ridurre sostanzialmente le emissioni di metano in questo decennio, mentre nuove aziende hanno preso impegni concreti attraverso il lancio dell'Oil & Gas Decarbonisation Charter (OGDC), iniziativa che riunisce molte delle più grandi compagnie petrolifere e del gas del mondo.
Oil & Gas Decarbonisation Charter: più di 50 i firmatari e oltre 30 i paesi coinvolti
La Carta per la Decarbonizzazione del Settore Petrolifero e del Gas (OGDC), supportata dall'Iniziativa sul Clima del Settore Petrolifero e del Gas (OGCI), costituisce uno sforzo globale dell'industria dedicato ad accelerare l'azione per il clima e a ottenere un impatto significativo su larga scala nel settore petrolifero e del gas. Già condivisa da oltre 50 compagnie nazionali e internazionali di più di 30 paesi che rappresentano il 43% della produzione petrolifera globale, delinea una serie di obiettivi per raggiungere operazioni a emissioni nette zero entro o prima del 2050.
Tra queste, guardando all’Europa, Eni, Bp, Lukoil, Omv, Repsol, Shell e Total Energies. L’ultimo aderente, in ordine di tempo, è stato PetroChina, il più grande produttore asiatico.
“Riconosciamo di avere un ruolo importante nell'accelerare la transizione energetica – recita la Carta - e investiremo nel sistema energetico del futuro, come le energie rinnovabili, i combustibili a basse emissioni di carbonio, la cattura e il sequestro del carbonio (CCS), l'idrogeno a basse emissioni, lo stoccaggio dell'energia e/o altre tecnologie in fase di sviluppo, incluse le tecnologie a emissioni negative come la cattura diretta dell'aria, per contribuire al raggiungimento di un'economia a emissioni nette zero.”
Alla base collaborazione e scambio di conoscenze
L’iniziativa opera promuovendo una cooperazione tra le aziende e la condivisione delle conoscenze. Nel suo ambito grande importanza ha lo scambio e il confronto su tecnologie e metodologie per raggiungere gli obiettivi prefissati, nonché le collaborazioni internazionali nate proprio sull'onda dell'appartenenza all'iniziativa.
L’Italia vi è rappresentata da Eni, che nei giorni scorsi proprio in occasione dell’evento di New York ha annunciato la pubblicazione del suo primo Methane report, nel quale definisce le azioni messe in campo e i risultati raggiunti per decarbonizzare le sue attività oil & gas.
Partendo da un assunto: la risorsa gas è ancora di fondamentale importanza per le economie mondiali. Eni ritiene che il gas naturale abbia un ruolo nel percorso di transizione energetica verso il 2050, grazie alla sua convenienza, affidabilità, versatilità e al basso contenuto di carbonio rispetto ad altri combustibili fossili. Tuttavia, è necessario un intervento globale per eliminare le perdite di metano lungo tutta la catena del valore del gas naturale.
A questo proposito, come membro dell'Iniziativa per il Clima dell'Oil and Gas, Eni ha contribuito a pilotare le campagne di monitoraggio satellitare, progettate per rilevare le emissioni di metano e facilitare l'accesso ai dati da parte degli operatori per la rapida risoluzione di eventuali perdite rilevate.
Contrasto al gas flaring
Tra gli obiettivi della carta c’è l’eliminazione della pratica del gas flaring entro il 2030 e nel suo rapporto Eni fa riferimento anche a questo ambito. Negli ultimi anni ha infatti dedicato sempre più sforzi per identificare e implementare iniziative volte a mitigare il fenomeno, principalmente in Africa, in particolare in Egitto, Libia e Congo.
In Egitto con progetti di valorizzazione del gas in aree desertiche dove il gas prodotto viene recuperato per l'uso come combustibile. In Libia, a circa 160 km al largo di Tripoli, il gas flared verrà recuperato e trasportato con un nuovo gasdotto per il trattamento e la valorizzazione sul mercato. Infine in Congo è stato sviluppato un progetto che vede protagonisti impianti di GNL di piccole e medie dimensioni.
Spazio alle tecnologie robotiche
Un’altra esperienza significativa di elevato valore tecnologico segnalata da Eni riguarda l'implementazione di tecnologie robotiche innovative, che mira a condurre attività di monitoraggio in modo automatico e remoto, garantendo la ripetibilità dei risultati e riducendo l'esposizione degli operatori a condizioni difficili e pericolose. Questo framework robotico multipiattaforma include sensori fissi e mobili, installati su droni aerei o robot a quattro zampe.
Un esempio rivoluzionario è lo sviluppo di un drone aereo autonomo, completato nel novembre 2022. Il prototipo è stato certificato per operare in aree classificate ATEX, diventando il primo drone con la possibilità di operare in atmosfere potenzialmente esplosive. Eni e un produttore italiano di droni lo hanno sviluppato, all'interno di un JDA (accordo di sviluppo congiunto), per operare autonomamente in ambienti complessi, come i siti upstream non coperti da segnale GPS. Il drone può decollare dalla sua stazione di ricarica, seguire percorsi predefiniti all'interno dell'impianto, librarsi vicino agli oggetti di interesse, acquisire dati con il suo sensore laser, tornare alla stazione di ricarica per ricaricare le batterie e condividere i dati acquisiti con la sala di controllo del sito per l'implementazione delle azioni. Questa tecnologia è stata testata sul campo in un sito onshore nel Nord Italia e applicata in una campagna di emissioni in Congo.