
L'uso del carbone è diminuito dal 32% del 2000 a circa il 12%, mentre è leggermente aumentata la quota del gas naturale. Dominano le rinnovabili, il cui ritmo di espansione raddoppierà entro il 2030.
58,3% del fabbisogno energetico dell'Europa dipende dalle importazioni, percentuale più alta tra le grandi economie: il dato scende infatti al 20% per la Cina ed è pari a zero per gli Stati Uniti, che sono totalmente autosufficienti nella produzione. È quanto emerge dalla sesta edizione del Med & Italian Energy Report, realizzato da Srm, centro studi del gruppo Intesa Sanpaolo, e ESL@energycenter Lab del Politecnico di Torino, in collaborazione con la Fondazione Matching Energies.
All'interno del panorama europeo, si legge, l'Italia è il Paese con il maggior grado di dipendenza energetica pari al 74,8%. Tuttavia, si tratta di un valore in calo di quasi tre punti percentuali rispetto al dato del 2019 ante Covid, quando la dipendenza era pari al 77,5%.
Guardando specificatamente alla produzione di energia elettrica, si legge nello studio, è in corso da oltre un ventennio un'importante modifica del mix europeo di generazione: l'uso del carbone è diminuito drasticamente dal 32% del 2000 a circa il 12%, mentre è leggermente aumentata la quota del gas naturale dal 12% al 17%.
Dominano le energie rinnovabili, passate dal 15% nel 2000 al 45%: si prevede che il ritmo di espansione dell'elettricità da rinnovabili raddoppierà entro il 2030.
Con la presidenza americana di Donald Trump, rende noto lo studio, aumenterà la spinta a vendere più petrolio e gas degli Usa all'Europa, che già nel corso degli ultimi anni ha aumentato le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti: se nel 2021 pesavano per il 27%, la quota è cresciuta al 41% l'anno successivo, arrivando al 48% sul totale del Gnl importato dall'Europa nei primi mesi del 2024.